Lanciotto Ballerini
A Campi Bisenzio c'è ancora chi ricorda quel funerale: quasi tutta la gente del paese scesa in strada, il carro funebre seguito da un centinaio di partigiani inquadrati e armati, calati dalla montagna - nonostante i nazifascisti fossero ancora lontani dall'essere sconfitti - per rendere onore al comandante della prima formazione garibaldina costituitasi in Toscana dopo l'armistizio. Da quel che era rimasto di quella banda partigiana - poco più di una dozzina di uomini che avevano combattuto per quattro mesi, fornendo più prova d'audacia che di organizzazione, così come era nel carattere di Lanciotto, ma che avevano inflitto gravi danni al nemico con improvvisi assalti e colpi di mano - sarebbe nata la brigata "Ballerini", che avrebbe operato sin dopo la liberazione di Firenze.
Lanciotto Ballerini e due dei suoi uomini (altri tre rimasero feriti e altri tre ancora risultarono dispersi), caddero la mattina del 3 gennaio del 1944. La formazione partigiana (vi si erano aggregati due soldati russi, due soldati jugoslavi e un capitano inglese fuggiti dalla prigionia), era da pochi giorni accantonata in località Case di Valibona quando, da Prato, Vaiano e Calenzano mossero le formazioni della guardia repubblichina, del battaglione Muti, di carabinieri e fascisti dei comuni limitrofi. I partigiani furono attaccati al crepuscolo. La sorpresa degli uomini di Lanciotto, che non aveva disposto sentinelle, sarebbe stata completa, se uno dei militari russi - se ne ricorda soltanto il nome, Mirko - non si fosse per caso svegliato all'alba e non fosse uscito dal casolare nel quale riposavano i partigiani. Mirko visti i fascisti a pochi metri dalla base, svegliò Lanciotto.
Il comandante, prontamente, dette l'ordine al sardo Ventroni di sparare con il fucile mitragliatore "Breda" salì sul tetto del casolare con un mitragliatore e cominciò a sparare, costringendo i fascisti ad arretrare; poi, vistosi accerchiato, decise il tutto per tutto, per consentire, almeno ad una parte dei suoi uomini, di sganciarsi. Ballerini, mentre gli altri partigiani sparavano con tutte le armi a disposizione, attaccò a colpi di bombe a mano due nidi di mitragliatrici, neutralizzandoli. Al terzo assalto cadde, colpito in fronte.
I fascisti catturarono Vladimiro Andrey, tenente dei genieri dell'Armata rossa che aveva un piede ferito, e lo finirono barbaramente. Il partigiano sardo Ventroni, addetto alla mitragliatrice "Breda", fu bruciato vivo con il lanciafiamme.
In quello scontro, che è valso a Ballerini la massima ricompensa al valore, i fascisti della Muti e i repubblichini ebbero cinque morti, tra cui il comandante del presidio di Prato, e un alto numero di feriti.