Marco Redelonghi
Il papà Bernardo, maniscalco e contadino, dopo la prematura morte della moglie Aloisia Zorza di Mersino/Marsin, avvenuta in data 1 aprile 1926 all'ospedale di Cividale del Friuli dovette mantenere da solo una numerosa famiglia composta da sei persone. Marco, dopo il decesso della madre svolse lavori saltuari in varie località del Friuli. Nel 1937 si trasferì nella zona di Breginj/Bergogna dove sposò Maria Kramar di Podbela e dalla quale ebbe due figli. Successivamente la famiglia si trasferì in Germania dove Marco e Maria lavorarono presso delle aziende agricole.
La polizia però scoprì che Redelonghi intratteneva rapporti con dei prigionieri di guerra e perciò lo fece espellere e rientrare in Italia. Nello stesso anno (1942) Marco fu impiegato come artificiere nei pressi di Trnovo dove si scavava una galleria sotto il Monte Polovnik per la prevista centrale idroelettrica sull'Isonzo. In seguito entrò in contatto con degli attivisti dell'O.F. (il Fronte di Liberazione nazionale sloveno) ai quali procurò dell'esplosivo destinato alle unità partigiane del Soški odred (Distaccamento Isonzo). La polizia lo fece arrestare e deportare a Pisticci.
Dopo la caduta del fascismo Redelonghi riuscì a fuggire e, ritornato nella zona di Breginj/Bergogna, prese contatto con i partigiani. Successivamente alla capitolazione dell'Italia divenne uno degli organizzatori dell'insurrezione popolare. Nel corso delle battaglie per la Repubblica di Kobarid/Caporetto (la prima zona libera nel territorio del Regno d'Italia) divenne comandante di compagnia della Soška brigada (Brigata Isonzo). Combatté presso Ponte San Quirino e sul Monte Stol. In seguito divenne vice-comandante del 4º Battaglione della Bazoviška Brigada (Brigata Basovizza). Il 6 novembre 1943 Redelonghi con la sua mitragliatrice riuscì a trattenere l'avanzata delle forze nemiche sul Matajur. In seguito a questa azione fu nominato Comandante del 2º Battaglione del Briško-beneški odred (Distaccamento Collio–Benecia).
Nel gennaio del 1944 con i suoi partigiani distrusse il montacarichi che da Stupizza/Štupca portava a Montefosca/Črni Vrh. L'azione di maggior successo fu l'attacco effettuato da una brigata di partigiani italo-sloveni in data 13 marzo 1944 all'aeroporto militare tedesco del Belvedere nei pressi di Povoletto (nella pedemontana friulana). Nel corso dell'azione ben nove velivoli furono distrutti. A seguito di questa azione fu assiduamente ricercato dai tedeschi.
Intercettato nella zona di Robidišče/Robedischis in data 16 marzo 1944 venne gravemente ferito a una gamba. Si dovette nascondere cambiando frequentemente nascondiglio per non essere individuato e catturato dai nazi-fascisti. I tedeschi che lo cercavano senza tregua, ricorsero alla violenza seviziando brutalmente la sua famiglia e uccidendo davanti alla sua casa di Zapotocco/Zapotok l'anziano padre Bernardo.
I nazi-fascisti però riuscirono ad individuare, il 5 maggio 1944, il nascondiglio di Redelonghi in località Brdce nei pressi di Breginj/Bergogna e lo attaccarono. Per non cadere vivo nelle mani del nemico Redelonghi scelse di togliersi lui stesso la vita.
Nel 1951 fu dichiarato Eroe nazionale dalla Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia. Sul luogo del suo sacrificio sorge un cippo commemorativo. Nei pressi del paesino di Staro Selo invece, sulla strada principale tra Cividale e Caporetto, sorge un bel monumento che ricorda le sue gesta e lo ritrae in un busto di bronzo. Redelonghi riposa nel piccolo cimitero di Sedlo nei pressi di Berginj/Bergogna nel territorio della Repubblica di Slovenia.