Maria Renaudo
Militante socialista come il marito Giuseppe Aimo, capostazione a Cuneo, nel 1921 Maria Renaudo aderì al PCdI. Allorché il marito, che aveva sei anni più di lei, fu licenziato dalle Ferrovie dello Stato (dopo che aveva subito un processo, quale organizzatore dello sciopero dell'agosto 1922), Maria ne seguì le sorti. Per anni gli Aimo passarono da una città all'altra in cerca di lavoro e di sistemazione, sino a che, nel 1927, furono rinviati a Cuneo con foglio di via obbligatorio. Qui riuscirono ad avviare un piccolo commercio di legna e carbone, ma non rinunciarono all'attività antifascista clandestina e all'organizzazione, per conto del "Soccorso Rosso", dell'espatrio di oppositori del regime. Nel 1935 gli Aimo furono arrestati (con altri compagni comunisti e giellisti tra i quali Vittorio Foa e Massimo Mila), e rinchiusi a "Regina Coeli" il marito e alle "Mantellate" la moglie. Dopo mesi di carcere gli Aimo, a conclusione del processo dinanzi al Tribunale speciale, furono assolti per mancanza di prove il 28 febbraio 1936 e tornarono alla loro attività. Dopo l'armistizio entrambi entrarono nella Resistenza, lei col nome di copertura di Cloto e lui con quello di Giasone. Attivi nel CLN di Cuneo, gli Aimo furono in stretto contatto con le formazioni gielliste e garibaldine del Cuneese e, in particolare, militarono come partigiani combattenti nella 177ma Brigata Garibaldi. Dopo la Liberazione, Giuseppe Aimo fu designato dal CLN come vice sindaco della città; Maria Renaudo gli fu vicina, operando nelle organizzazioni democratiche cuneesi. Dei coniugi Aimo si dice nel libro di Luigi Borgna, edito nel 1989 dalle Edizioni Arciere di Cuneo, Anni di scelte, anni di lotte.