Marino Mari
Liberale, discendente da una nobile famiglia fiorentina di tradizioni patriottiche, nel 1913 era stato eletto a Fiesole consigliere comunale. Interventista, Mari aveva partecipato col grado di capitano alla Prima guerra mondiale. Nel 1920 per i democratici-popolari era stato nominato vice sindaco di Fiesole ed aveva poi aderito al PNF.
Si staccò dai fascisti dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti e, sino al 25 luglio 1943, si limitò a curare l’amministrazione delle sue proprietà. Caduto Mussolini, Marino Mari (con Eugenio Artom e altri antifascisti), si adoprò per ricostituire a Firenze il Partito liberale e, dopo l’armistizio, fu tra i sostenitori della trasformazione del Comitato interpartitico in Comitato toscano di Liberazione Nazionale.
Braccato dai repubblichini della “banda Carità”, Marino Mari lasciò Firenze e si diede alla macchia, ma quando gli sgherri di Carità gli arrestarono la moglie e poi il figlio, Mari si consegnò ai suoi persecutori. Sottoposto a brutali interrogatori nella malfamata “Villa Triste”, l’esponente liberale fu poi deportato a Fossoli (MO) e successivamente in Austria, dove morì nel Lager di Mauthausen.
Nel 1983, con la collaborazione di vari autori, il Comune di Fiesole ha pubblicato un libro dal titolo “Marino Mari”. Di lui, ovviamente, si parla anche in “Resistenza liberale a Firenze”, di Marisa Brambilla e Gianni Fantoni.