Mario Maovaz
Ha dedicato la vita alla lotta per la libertà. Rappresentante dell'ala sinistra più radicale dei mazziniani triestini, prese parte giovanissimo ai moti rivoluzionari di Serbia e di Macedonia e fu il solo italiano che, nel 1905 in Russia, fu presente alle prime lotte antizariste. Conobbe numerose volte le carceri austriache e, nel 1918, animò la rivolta dei marinai di Pola. Attivo antifascista dopo l'avvento al potere di Mussolini, Maovaz subì per dodici anni il confino a Ponza, alle Tremiti e a Ventotene. Caduto il fascismo, tornò subito a Trieste, per continuare la lotta per la libertà nelle file del Partito d'Azione, mantenendo, durante l'occupazione nazista, i collegamenti tra il CLN Alta Italia e quello di Trieste. Nel gennaio del 1945 Maovaz, in seguito ad una delazione, fu arrestato con la moglie e i due figli. Furono tutti sottoposti a tortura, ma fu su di lui che i fascisti della "Banda Collotti" (dal nome di Gaetano Collotti, capo della polizia politica di Trieste), infierirono con particolare ferocia nelle celle di via Bellosguardo, di piazza Oberdan e del Coroneo. Dopo quindici giorni d'ininterrotte sevizie, Maovaz ebbe le ossa delle gambe e delle braccia spezzate, le mani ridotte in poltiglia, gravi lesioni interne, ma non si lasciò sfuggire una sola parola che potesse compromettere i suoi compagni e l'organizzazione. Nonostante le sue tremende condizioni, due giorni prima della liberazione di Trieste, i tedeschi fucilarono Maovaz con altri dieci detenuti politici. All'esponente "azionista" la città di Trieste ha dedicato una strada, ma il miglior ricordo di Maovaz è a Ventotene, in quella "Biblioteca del Confino" che, negli anni della dittatura fascista, Maovaz aveva contribuito in misura determinante a creare e che è stata recuperata.