Massimo Gizzio
Ex allievo dei Licei "Tasso" e "Regina Elena", agli inizi del 1943 il ragazzo, che frequentava il secondo anno di Giurisprudenza all'Università di Roma, era diventato un militante del PCI clandestino. Nel maggio dello stesso anno era stato deferito al Tribunale speciale, ma l'evolversi degli eventi gli consentì di tornare in libertà. Così, dopo l'armistizio, Massimo prese parte alla Guerra di liberazione nelle file della Resistenza romana. Costituitosi il Comitato studentesco di agitazione, Gizzio ne fu uno dei dirigenti con Carlo Lizzani e Vincenzo Lapiccirella. Allorché il Comitato proclamò, per il 29 gennaio 1944, uno sciopero generale di protesta in tutte le scuole di Roma, Gizzio fu alla testa di un folto gruppo di studenti del "Dante Alighieri", che si diresse verso piazza della Libertà, scandendo slogan contro gli invasori tedeschi e i fascisti. Quando i manifestanti erano prossimi alla piazza, furono presi di mira da una squadra di fascisti in borghese, che facevano parte del gruppo "Onore e combattimento". Uno di questi, Massimo Uffreduzzi, che si vantò anche dell'"atto eroico", abbatté con una rivoltellata alla schiena Massimo Gizzio. Il ragazzo fu trasportato all'ospedale "Santo Spirito", ma vi morì dopo tre giorni di agonia. All'indomani della Liberazione, la Corte d'assise di Napoli fu chiamata a giudicare, quali autori identificati dell'uccisione di Gizzio, i fascisti Massimo Uffreduzzi, Sergio Bertolani, Carlo Alberto Guida e Giorgio De Michele. Furono tutti assolti, compreso l'esecutore materiale dell'omicidio, perché, come si scrisse nella motivazione della sentenza, "anche lui è uno studente, travolto dal clima arroventato della guerra". Sul luogo dove Gizzio cadde, in via Cesi 72, è stata collocata alcuni anni dopo una lapide che ne ricorda il sacrificio. Portano il nome dello studente anche una scuola media e un circolo culturale. In questi anni la figura di Massimo Gizzio non è stata dimenticata, anche in virtù dell'impegno della sorella Marisa, insegnante.