Max Casaburi
Nel febbraio del 1941 era di servizio, col grado di maggiore, a Parma. Mobilitato con il Reggimento Carristi leggeri "San Giusto", l'ufficiale fu destinato in Jugoslavia. Qui ebbe modo di distinguersi combattendo in Croazia. Nonostante avesse conseguito una decorazione sul campo, Casaburi, quando si scoprì che s'impegnava a favore degli ebrei jugoslavi perseguitati, fu rimandato in Italia. Così, all'annuncio dell'armistizio, il maggiore si trovava a Roma, inquadrato nel Reggimento "Vittorio Emanuele". Partecipò alla vana difesa della Capitale e, catturato dai tedeschi, fu avviato verso un lager in Germania. Durante il viaggio di deportazione, quando il treno giunse in prossimità di Parma, Casaburi riuscì a fuggire. Nella città emiliana l'ufficiale si era fatto degli amici e, per loro tramite, si unì alle forze della Resistenza locale. Assunto il nome di copertura di "Montrone", il maggiore (per intervento della "Missione Nemo", che era collegata al Servizio Informazioni Militari), fu nominato capo di stato maggiore del Comando Piazza di Parma. Allorché, nell'ottobre del 1944, il comandante della Piazza, il comunista Gino Menconi, fu trucidato dalle SS a Bosco di Corniglio, "Montrone" gli subentrò per un breve periodo. Finito di nuovo nelle mani dei tedeschi in seguito a delazione, l'ufficiale (erano i primi di marzo del 1945), fu sottoposto a pesanti interrogatori. Nonostante le sevizie, nulla rivelò che potesse compromettere le forze della Resistenza. Non solo: quando ebbe l'occasione, attraverso uno scambio di prigionieri, di tornare in libertà, vi rinunciò generosamente a favore di un altro detenuto, che riteneva essere in condizioni fisiche peggiori delle sue. Il maggiore Casaburi fu così tradotto nel lager di Gries. Vi restò sino al 21 aprile del 1945 quando, liberato dagli Alleati, riprese la via di casa, in compagnia di tre parmigiani compagni di prigionia. Sfortuna volle che la comitiva incrociasse, sulla strada del ritorno, proprio un gruppo di SS in fuga da Parma. I nazisti riconobbero gli antifascisti che erano in compagnia di Casaburi e gli puntarono addosso le armi; l'ufficiale s'interpose e fu trucidato sul posto. A Max Casaburi sono state intitolate strade a Parma e a Salerno.