Sergio De Tomasi
Sergio De Tomasi è il primo di sei figli in una famiglia proprietaria di una fattoria con cavalli e calessi che fanno la spola tra Milano e Varese. Suo padre, socialista, quotidianamente vessato dai fascisti in quanto si dichiara apertamente contrario al regime, è costretto a emigrare in Francia dopo la confisca di tutti i beni. Sergio invece trova lavoro in un'azienda di pellami poi, richiamato alle armi, è inviato sul fronte russo come radiotelegrafista in fanteria, aggregato all'artiglieria a cavallo.
Tornato in Italia per subire un'operazione, prima dell'8 settembre 1943, inizia a compiere azioni a Varese in contatto con il CNL locale. La città è invasa dai tedeschi in quanto punto strategico, vicina alla Svizzera ed economicamente florida (fabbriche di aerei, pellame, produzione di generi alimentari). Ai primi di ottobre De Tomasi, col nome di battaglia “Tomaselli”, si unisce al gruppo di resistenti armati che operava nel varesotto, raggiungendo il colonnello Carlo Croce “Giustizia” sul monte San Martino, in Valcuvia, dove tra il 13 e il 15 novembre '43 si combatte una tra le prime battaglie partigiane in Italia. Un gruppo di circa 180 partigiani, militari e civili, tenta di opporsi ai tedeschi in un duro scontro con circa 1.800 uomini, fascisti compresi. Sergio, esperto di armi dopo aver affrontato la campagna di Russia, diviene per tutti il “mitragliere del San Martino”. Il numero impari di forze costringe però i resistenti ad abbandonare le postazioni, un gruppo con il colonnello Croce e De Tomasi riesce a riparare in Svizzera attraversando la linea Cadorna.
Ma il Paese ha ancora bisogno di lui e così, dopo qualche mese, Sergio rientra in Italia sotto falso nome e passando per Como raggiunge Milano. Qui cerca di ricostituire un gruppo partigiano, prodigandosi in nuove azioni, ma è arrestato e condotto al carcere di San Vittore per il tradimento di un delatore. Inizia per lui un nuovo e ancor più tragico itinerario: il campo di concentramento di Fossoli, il trasferimento a Bolzano, fino a Mauthausen e poi a Gusen come prigioniero politico (triangolo rosso). All'ingresso nel campo di sterminio di Mauthausen nel 1944, gli viene attribuito il numero 82542. Liberato il 5 maggio 1945, torna nella sua Varese solo alla fine di giugno: pesa meno di 40 chili.
Dopo molti anni di silenzio, con il supporto della storica Francesca Boldrini e con l'ANPI provinciale di Varese, De Tomasi inizia a portare la sua testimonianza di antifascista nelle scuole, diventando per tutti gli studenti “nonno Sergio”.