Umberto Fogagnolo
Antifascista, pochi giorni dopo la caduta di Mussolini e quando già aveva deciso di impegnarsi nella Resistenza (era in contatto con uno stretto collaboratore di Ferruccio Parri), aveva scritto alla moglie una lettera nella quale diceva: "Ho vissuto ore febbrili ed ho giocato il tutto per tutto. Per i nostri figli e per il tuo avvenire è bene tu sia al corrente di tutto. Qui ho organizzato la massa operaia che ora dirigo verso un fine che io credo santo e giusto. Tu Nadina mi perdonerai se oggi gioco la mia vita. Di una cosa però è bene che tu sia certa. Ed è che io sempre e soprattutto penso ed amo te e i nostri figli. V'è nella vita di ogni uomo però un momento decisivo nel quale chi ha vissuto per un ideale deve decidere ed abbandonare le parole". Fogagnolo abbandona presto le parole: è fermato per la prima volta a Milano, quando interviene, si era nell'ottobre del 1943, per difendere un operaio aggredito dai fascisti. Era già entrato nella Resistenza a Sesto San Giovanni, rappresentante del Partito d'Azione in quel CLN che teneva in gran conto le opinioni di quell'"Ingegner Bianchi", dirigente della Società Ercole Marelli, che aveva - sia pure salvando le forme - un rapporto alla pari con gli operai. Fogagnolo, con l'operaio comunista Giulio Casiraghi, è, infatti, l'organizzatore degli scioperi del marzo 1944. Attivissimo in azioni di sabotaggio a Milano e in Lombardia si oppone al progetto di far saltare una diga; un progetto che, sul momento, danneggerebbe gli occupanti tedeschi, ma che avrebbe comportato in seguito un danno enorme per i milanesi. Fogagnolo continuò nella sua lotta sino a che, il 13 luglio del 1944, non fu arrestato dalle SS. Tradotto nel carcere di San Vittore e sottoposto a tortura nel famigerato 5° Raggio, l'ingegnere non si lasciò mai sfuggire una frase che avrebbe potuto danneggiare la Resistenza. Per questo fu uno dei quindici patrioti eliminati a Piazzale Loreto, nell'agosto del 1944. Una lapide, in zona Città Studi, a Milano, ne celebra la figura con queste parole: "I compagni ricordano/ il Dott. Ing./Umberto Fogagnolo/ nobilissima figura/ di lavoratore/ fiero assertore/ dei diritti del popolo/ Spento dal piombo fascista/ vive perennemente/ nella luce della libertà". A tanti anni dall'uccisione del padre, uno dei tre figli (Sergio, che ha costituito il Comitato denominato "I Quindici" e che si è impegnato nel processo contro il capitano nazista Saevecke, dopo che, dall'armadio della vergogna, sono riemersi i documenti sulle responsabilità dei nazi-fascisti nelle stragi perpetrate in Italia), si è visto annullare dal Consiglio di Stato la sentenza che prevedeva un indennizzo alle famiglie dei Martiri di Piazzale Loreto. Nel 2009 pende ancora un ricorso alla Corte europea di Giustizia.