Umberto Lusena
Di famiglia ebraica, era stato, all'età di sedici anni, legionario fiumano. Aveva poi scelto la carriera militare ed aveva frequentato l'Accademia militare di Modena. L'8 e il 9 settembre del '43, mentre, maggiore di fanteria, era comando del IV battaglione arditi paracadutisti del 183° Reggimento "Nembo", si oppose all'avanzata su Roma di una colonna di tedeschi rinforzata da mezzi corazzati. Dopo la battaglia, occultò ingenti quantitativi di armi e passò alla resistenza, nelle file del Fronte militare clandestino di Montezemolo. Arrestato su delazione nel febbraio del '44 e rinchiuso in via Tasso, fu torturato, ma non tradì i compagni. Trasferito nel carcere di Regina Coeli, il 24 marzo fu ucciso alle Fosse Ardeatine. La motivazione della MdO al Valor militare alla memoria recita: "Ufficiale superiore di alte qualità militari, al comando di un battaglione arditi paracadutisti rifiutava la resa imposta dai tedeschi e si opponeva valorosamente all'avanzata su Roma di una forte colonna nemica rinforzata da mezzi corazzati. Cessata, per l'incalzare degli eventi, ogni resistenza militare passava alla lotta clandestina organizzando e potenziando le formazioni partigiane, preparando con slancio illimitato animi, volontà e mezzi per il giorno della riscossa. Arrestato per vile delazione, sopportava duro carcere e subiva inumane torture, sopportando nello spasimo della carne martoriata il segreto che, se svelato, avrebbe tradito la causa e i compagni di lotta. Condotto al martirio legato ad altri italiani colpevoli di amare la Patria, cadeva barbaramente trucidato bagnando col suo sangue il sacro suolo delle catacombe dei primi martiri del cristianesimo e lasciando in retaggio ai suoi teneri figli il sublime patrimonio dell'onore e del dovere."