Salta al contenuto principale

Commemorazione della battaglia di Cisterna-S. Stefano Roero

I.C. di San Damiano d'Asti - Museo Arti e Mestieri di un tempo di Cisterna d'Asti - Associazione "Franco Casetta e ISRAT

INIZIATIVE PER LA COMMEMORAZIONE DEL 70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

E DELLA BATTAGLIA DI CISTERNA/SANTO STEFANO ROERO

VENERDI' 8 MAGGIO 2015 - ORE 21,00

Castello di Cisterna d'Asti

“Il tesoro dei vinti”

di Gianni Oliva

Ne discutono con l'Autore

Sara Mirra e Mario Renosio

Dongo, 27 aprile 1945, è una mattina livida e piovosa, quando Mussolini e i gerarchi in fuga vengono fermati dai partigiani della 52ª brigata Garibaldi, sulla litoranea del lago di Como. Nella lunga autocolonna che accompagna il Duce e gli epigoni del fascismo di Salò viene trovata un'ingente quantità di beni preziosi, banconote di ogni taglio, oro, gioielli, titoli di Stato, valuta straniera, in gran parte provenienti dai fondi segreti dei ministeri della Repubblica sociale. Un ricco bottino che da quel giorno tutti conosceranno come il «tesoro di Dongo». Chi si è impossessato di quell'oro, destinato alle autorità del nuovo Stato italiano? Chi lo ha trasferito alla federazione comunista di Como? Chi se n'è impadronito in seguito? E chi ha fatto scomparire il «capitano Neri» e la partigiana «Gianna», combattenti garibaldini che ne avevano compilato l'inventario? Nella primavera del 1957 ha finalmente inizio, presso la Corte d'assise di Padova, il processo che dovrebbe fare luce su questi interrogativi. Un procedimento che suscita tante attese, ma che viene rinviato dopo quarantatré udienze per il suicidio di un giudice popolare e che non verrà mai più ripreso, perché «scomodo». Dalle carte disponibili emergono infatti con chiarezza le responsabilità politiche degli eventi che si sono consumati in quei lontani giorni del 1945. Secondo tutte le testimonianze, il tesoro finisce nelle casse del Partito comunista, in un momento in cui gli equilibri della nuova Italia sono ancora da determinare e l'ala più oltranzista del partito persegue una prospettiva rivoluzionaria da sostenere con adeguate risorse finanziarie. Gianni Oliva, utilizzando le decine di deposizioni del processo, ricostruisce con ritmo incalzante i frangenti drammatici di fine conflitto, quando il Lario diventa il lago dei destini incrociati: il crepuscolo tragico di Mussolini e dei gerarchi si intreccia con il recupero del tesoro, con le accese divergenze sulla sua destinazione, con le tensioni di una guerra non ancora conclusa che già si prolunga nella pace. Sullo sfondo, si respira l'atmosfera della resa dei conti, un clima in cui si eliminano con troppa facilità i nemici di ieri e quelli di oggi: Mussolini e la Petacci, fucilati a Giulino di Mezzegra, ma anche il comunista «Neri», comandante partigiano, ingiustamente accusato di tradimento e fatto sparire nel lago. Con rigore documentario e abilità narrativa, l'autore restituisce le tinte forti di un passaggio epocale in cui la «grande storia» dei potenti si incontra con la «piccola storia» della gente comune, che assiste, incredula, alla «caduta degli dei». La vicenda del tesoro di Dongo diventa così una sorta di osservatorio privilegiato per «capire come siamo usciti dal conflitto e dal fascismo».

GIANNI OLIVA: studioso del Novecento, da anni si occupa degli argomenti meno indagati della storia nazionale recente. Da Mondadori ha pubblicato, fra gli altri, La resa dei conti, Umberto II, Foibe, Storia dei carabinieri, Duchi d'Aosta, Le tre Italie del 1943, L'alibi della Resistenza, Profughi, Storia degli alpini, «Si ammazza troppo poco», Soldati e ufficiali, Esuli, Un regno che è stato grande, L'Italia del silenzio, Fra i dannati della terra. Storia della Legione straniera.

INGRESSO LIBERO