Alberto Cianca
Laureato in Legge, si dedicò al giornalismo, prima come resocontista parlamentare del quotidiano romano La Tribuna, poi al Secolo di Milano e più tardi, come redattore capo, al Messaggero di Roma, dal quale si dimise nel 1921, non condividendone l'indirizzo politico. Passato a dirigere, per qualche tempo, L'Ora di Palermo, dopo il delitto Matteotti, Cianca assunse la direzione de Il Mondo di Giovanni Amendola e curò anche l'edizione del settimanale Il becco giallo. Il suo antifascismo gli procurò aggressioni, la devastazione della casa, il confino di polizia. Riuscito a fuggire in Corsica e raggiunta Parigi, vi diresse il periodico socialista La Libertà e riuscì anche a far riprendere le pubblicazioni a Il becco giallo. Tra i fondatori del movimento "Giustizia e Libertà", diresse pure, con Carlo Rosselli, l'omonimo periodico. Durante la guerra civile spagnola, lo strenuo antifascista fu più volte in Spagna come propagandista tra i combattenti delle Brigate Internazionali. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, lasciata Parigi occupata dai tedeschi, Cianca raggiunse Casablanca e di qui si portò negli Stati Uniti, dove riprese la lotta antifascista militando nel Partito d'Azione, di cui fu uno dei fondatori. Rientrato in Italia al seguito degli Alleati nel settembre del 1943, fu tra gli organizzatori del primo congresso nazionale del CLN di Bari e ne fu eletto presidente. Come rappresentante del Partito d'Azione, di cui è stato anche l'ultimo segretario politico, Alberto Cianca ha fatto parte, come ministro senza portafoglio, del primo governo Bonomi e, come ministro della Consulta, del primo Gabinetto De Gasperi. Consultore nazionale e poi deputato alla Costituente, con lo scioglimento del PdA aderì al PSI, nelle cui liste fu eletto, nella seconda legislatura, senatore per le Marche. Rieletto al Senato nel 1958, Cianca è stato più volte presidente del Collegio dei probiviri dei giornalisti italiani. Lo ricorda, alla periferia di Roma, un Giardino pubblico riservato ai bambini e a lui intitolato, ma che versa ora in stato di degrado.