Osvaldo Negarville
Fratello minore di Celeste Negarville, aveva, da ragazzo, lavorato alla Lancia di Torino come operaio metallurgico. Tra il 1923 e il 1925 fu tra gli organizzatori dei giovani comunisti nel capoluogo piemontese e, dopo la proclamazione delle "leggi eccezionali" fu arrestato per il suo impegno politico. Processato e assolto nel 1928 per "non provata reità", nel 1934 sposò Emma Bronzo (che aveva qualche mese più di lui e che l'avrebbe poi affiancato nella lotta antifascista prima col nome di battaglia di "Rosetta" e poi, durante la Resistenza, con lo pseudonimo di "Franca"). Con Emma, Osvaldo raggiunse Celeste Negarville a Parigi. Di lì passò, due anni dopo, in Spagna per rappresentare il Partito comunista nel Comitato italiano antifascista. Rientrato, nel 1937, clandestinamente, in Italia e caduto nelle mani della polizia fascista a Pisa, Osvaldo fu condannato a 18 anni di reclusione. Irriducibile, nel carcere di Civitavecchia fu anche sottoposto al "letto di contenzione", ma i fascisti non riuscirono a piegarlo (così come non piegarono "Rosetta", che si mantenne facendo la sarta e che durante la guerra civile raggiunse per quattro volte clandestinamente la Spagna, prima di essere arrestata e assegnata per 5 anni al confino a Ventotene). Riacquistata la libertà alla caduta del fascismo, Osvaldo Negarville tornò a Torino e riprese nel capoluogo piemontese il suo impegno democratico entrando nell'Esecutivo del CLN regionale piemontese e, organizzando, dopo l'8 settembre, le prime iniziative di lotta armata contro i nazifascisti. Raggiunte le forze della Resistenza in montagna, al momento della Liberazione Osvaldo Negarville era commissario politico della IV Zona Piemonte, che comprendeva le formazioni partigiane del Canavese e della valli di Lanzo, di Susa e Chisone (mentre "Franca" era attiva a Torino nei Gruppi di difesa della donna). Nel dopoguerra, Negarville svolse vari incarichi per il suo partito a Torino, Bergamo e Pavia. Fu anche organizzatore degli "Amici dell'Unità".