Vincenzo "Cino" Moscatelli
–Cino, questo il diminutivo da ragazzo che gli sarebbe rimasto per tutta la vita, non aveva ancora tredici anni quando partecipò all'occupazione dello stabilimento Rumi di Novara, dove lavorava come garzone. Meno di due anni dopo, nel luglio del 1922, Cino, con gli apprendisti della Scotti e Brioschi, è uno di quei "fanciulli proletari" che, durante la "battaglia di Novara", difesero a sassate la Camera del Lavoro dal primo assalto fascista. L'aprile del 1925 vede il giovane organizzare lo sciopero degli apprendisti delle Officine Meccaniche Novaresi, un'iniziativa che lo mette ancor più nel mirino dei fascisti, tanto che nello stesso anno deve cercare lavoro Milano. Trova un posto all'Alfa Romeo, ma ci resta poco; è tra gli organizzatori di uno sciopero e tanto basta perché anche dall'Alfa si debba allontanare. Va a fare, sempre a Milano, il tornitore alla Cerutti. Ci lavora sino al settembre del 1927 quando, durante le proteste contro l'esecuzione negli Stati Uniti degli anarchici Sacco e Vanzetti, per facilitare la riuscita dello sciopero, stacca improvvisamente l'energia elettrica nella fabbrica, provocando un corto circuito che gli vale l'allontanamento dalla Cerutti. Moscatelli, che dal 1925 era militante comunista, ripara in Svizzera dove frequenta un corso politico clandestino. Altre scuole di partito seguirà a Berlino e a Mosca per stabilirsi poi, nel 1930, per un breve periodo in Francia, addetto al Centro estero del PCdI, collaborando ai fogli dei giovani comunisti Il galletto rosso e l'Avanguardia. Nello stesso anno Moscatelli viene incaricato di rientrare in Italia, per potenziare l'organizzazione clandestina comunista in Emilia-Romagna. In pochi mesi d'attività ottiene buoni risultati, ma l'8 novembre, a Bologna, è arrestato dalla polizia. Il 24 aprile del '31, il Tribunale speciale lo processa e lo condanna a sedici anni e otto mesi di carcere. Cino finisce nel penitenziario di Volterra, poi in quello di Civitavecchia, quindi in quello Alessandria, dove gli fanno scontare sei mesi in cella d'isolamento. Nel 1935 Moscatelli è scarcerato per amnistia, ma nel 1937 viene di nuovo arrestato. Imprigionato a Vercelli, uscirà dal carcere soltanto alla caduta di Mussolini. Ancora un arresto il 29 ottobre del 1943 (lo farà rilasciare l'industriale Osella); subito dopo l'armistizio Cino si dedicherà all'organizzazione della guerra partigiana in Valsesia. Come commissario politico del raggruppamento Divisioni Garibaldi del Cusio-Verbano-Ossola e direttore del foglio partigiano Stella Alpina, conquista presto vasta popolarità, ma soprattutto fama di temibile avversario presso i tedeschi e i fascisti. Dopo la Liberazione, Moscatelli è stato, tra l'altro, sindaco di Novara, deputato alla Costituente per il PCI, sottosegretario alla Presidenza dal Consiglio nel terzo Gabinetto De Gasperi. Senatore nel '48, nel 1953 e nel 1958 è stato eletto deputato. Per un breve periodo ha diretto la federazione torinese del partito e sino al 1956 è stato membro del CC del PCI. Quando si è ritirato dagli incarichi maggiori della vita politica, Moscatelli che nel 1958 aveva pubblicato presso Einaudi, in collaborazione con Pietro Secchia, il libro di memorie Il Monte Rosa è sceso a Milano. La Resistenza nel Biellese, nella Valsesia e nella Valdossola – ha fondato nel 1974, a Borgosesia, l'Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli. Dopo la scomparsa di Cino Moscatelli, l'istituto ha preso il suo nome.