Giovanni Roveda
Faceva l'operaio litografo quando, nel 1909, era diventato un militante della Gioventù socialista. Da ragazzo aveva partecipato alle dimostrazioni popolari contro la guerra di Libia e poi a quelle contro la Prima guerra mondiale. Attivista e poi funzionario sindacale, nel 1919 divenne segretario nazionale della Federazione italiana lavoranti in legno. Membro dell'Esecutivo della Sezione socialista di Torino e collaboratore dell'Ordine Nuovo, nel 1920 Roveda fu tra i dirigenti dell'occupazione delle fabbriche e, nel 1921, tra i fondatori del Partito comunista, del quale diresse la Sezione torinese. Segretario generale della Camera del Lavoro di Torino, con l'affermarsi del fascismo fu più volte aggredito dagli squadristi. Dopo le Leggi eccezionali fasciste del 1926, Giovanni Roveda - che era membro del Comitato centrale del PCdI - fu arrestato e deferito al Tribunale speciale, che il 20 febbraio 1928 lo condannò (con Antonio Gramsci, Umberto Terracini ed altri dirigenti del suo partito) a venti anni e quattro mesi di reclusione. Scarcerato (per condoni ed amnistie), dopo undici anni di prigione Roveda, "per mancanza di segni di ravvedimento", fu mandato al confino a Ponza. Era il 14 aprile del 1937. Ponza fu solo una tappa. Di lì il confinato fu trasferito a Ventotene, dove rimase fino al marzo del 1943, quando riuscì a fuggire approfittando di una licenza. Di corporatura molto robusta Roveda - che durante il confino utilizzava gran parte delle poche lire della "mazzetta" per mandare un aiuto a sua moglie e alla sua bambina e che aveva sempre rifiutato il piccolo contributo in denaro che gli poteva arrivare dal "soccorso rosso" - aveva perso oltre quaranta chili di peso, ma non la sua determinazione. All'indomani della caduta del fascismo eccolo a Roma, dove è designato dal governo Badoglio tra i commissari alle Federazioni sindacali. Dopo l'armistizio trova rifugio in un'organizzazione del Vaticano, ma nel dicembre del 1943 è arrestato e tradotto a Verona. È liberato dal Carcere degli Scalzi il 14 luglio 1944, dopo un'audacissima, sanguinosa azione dei GAP veronesi, ed è designato a far parte della Direzione provvisoria del PCI per l'Alta Italia. La Liberazione vede la nomina di Roveda a sindaco di Torino. Regge l'amministrazione della città sino al 1946, quando è eletto deputato alla Costituente. Ripresa l'attività sindacale, Roveda dirige prima la Camera del Lavoro di Torino, poi la FIOM nazionale e quindi, dal 1956, la Federazione sindacale mondiale dei metallurgici. Egli è stato anche membro della Direzione del PCI, senatore (di diritto dal 1948), rieletto nel 1953, presidente dell'INCA dal 1953 al 1956. È mancato per una flebite, causata da una pallottola che l'aveva colpito durante l'evasione dal Carcere degli Scalzi e che non gli avevano mai potuto estrarre. A Giovanni Roveda sono intitolate strade a Torino e in altre città.