Simone Simoni
Avviato alla carriera militare nel 1904, Simone Simoni l'aveva compiuta tutta partecipando alla campagna di Libia e alla prima guerra mondiale. Era generale quando, nel 1932, era stato collocato nella riserva per infermità dovuta a causa di guerra. L'alto ufficiale diventò così presidente di una società commerciale di Roma. Svolgeva la sua professione, quando apprese che il figlio Gastone, capitano di cavalleria, paracadutista della "Folgore", era caduto, nell'ottobre del 1942, ad El Alamein (sarebbe poi stato decorato di MdO alla memoria).
Nonostante l'invalidità, Simone Simoni, dopo l'armistizio, fu tra i più convinti sostenitori della necessità di difendere la capitale dai tedeschi. Occupata Roma, l'anziano generale, entrato a far parte del Fronte militare clandestino di Montezemolo, fece del proprio ufficio e della casa che abitava, centri d'azione cospirativa, ai quali facevano capo ufficiali ed uomini politici. Simone Simoni nascose ed aiutò ufficiali e soldati e si assunse l'onere di numerose missioni. Il 22 gennaio del 1944, le SS irruppero nell'abitazione di Simoni e lo arrestarono.
Rinchiuso nella cella n° 12 di via Tasso, il generale resistette alle torture. Non parlò nemmeno quando, per estorcergli una confessione, i tedeschi inscenarono una finta fucilazione. Simoni fu poi ucciso alle Ardeatine, a due mesi dall'arresto.