Ada Buffulini
Cresciuta in una famiglia della borghesia irredentista triestina, Ada Buffulini è stata una delle poche donne italiane della sua generazione laureate in Medicina. Appassionata di lettere, musica, arte e, soprattutto della cultura tedesca, è a Milano (dove, negli anni 30, si è trasferita per frequentarvi l'Università) che la ragazza incontra il movimento antifascista. La laurea a pieni voti e con lode, una lunga malattia, la successiva specializzazione in radiologia, non la allontanano dall'impegno democratico. Proprio mentre prepara la specializzazione, Ada conosce Lelio Basso, segretario del Partito socialista e, quando è annunciato l'armistizio, il suo impegno antifascista si fa totale. Progetta e organizza un giornale socialista rivolto alle donne, la Compagna, che uscirà per la prima volta nel luglio 1944, proprio all'indomani dell'arresto di Ada (da mesi entrata in clandestinità) e, con lei, di Maria Arata, Laura Conti e un gruppetto di studenti milanesi.
La Buffulini rimane due mesi in una cella di San Vittore senza che, nei quotidiani interrogatori, i nazifascisti riescano a strapparle qualche utile informazione. Due mesi dopo, il trasferimento in autobus al "campo di transito" di Bolzano. Durante il viaggio, Ada conosce l'operaio e dirigente comunista Carlo Venegoni (che riuscirà ad evadere dal lager sudtirolese), che sposerà nel dopoguerra. Lei resta, come medico, nell'infermeria del campo e ciò le consentirà, oltre che curare i malati con la massima dedizione (ne renderanno poi testimonianza, tra gli altri, Mario Micheli nel libro I vivi e i morti e Piero Caleffi in Si fa presto a dire fame), di organizzare un Comitato clandestino di resistenza che provvederà ad assistere i prigionieri, a mantenere i contatti con le loro famiglie e a organizzare alcune fughe. Quando le SS sospettano che Ada nel campo non si limiti a fare il medico, la rinchiudono nelle "Celle", dove è trattenuta dalla metà di febbraio del 1945, sino alla fine della guerra.
Per Ada Buffulini, quella del 30 aprile 1945 è la prima sera di libertà, che impegna con altri nella preparazione di volantini che saranno diffusi tra i lavoratori della zona industriale di Bolzano all'indomani, Primo Maggio.
Per tre settimane resta a Bolzano, per soccorrere i malati rimasti nell'infermeria del campo, ma anche per contribuire all'organizzazione del Partito socialista nella città. Poi torna a Milano ed entra nella Direzione nazionale del PSI. Vi rimane sino al 1947, quando aderisce al PCI e riprende la sua professione di medico. Per decenni Ada si preoccupa anche - impegnandosi nell'Associazione Nazionale Ex Deportati - che non si perda la memoria dei lager e che ai deportati in quello di Bolzano vadano gli stessi riconoscimenti attribuiti ai superstiti degli altri campi all'estero. Tutto con grande impegno e senza mai dimenticare la passione per la cultura tedesca, che ha continuato a coltivare sino alla morte.
Nel 2008 la città di Bolzano ha dedicato una via ad Ada Buffulini.