Gian Carlo Pajetta
Un suo libro autobiografico è intitolato Il ragazzo rosso. Proprio da ragazzo, Gian Carlo Pajetta - figlio di Carlo, avvocato, e di Elvira Berrini, maestra elementare - aveva cominciato l'attività politica che gli valse, a 14 anni, mentre frequentava il Liceo-ginnasio Massimo D'Azeglio di Torino, l'espulsione "da tutte le scuole del Regno" per tre anni. Era il febbraio del 1927. Come non bastasse, Gian Carlo Pajetta venne arrestato e rinchiuso, quando non aveva ancora 17 anni, nella sezione minorile delle carceri giudiziarie di Torino. Il 25 settembre del 1928, il Tribunale Speciale lo condanna a due anni di reclusione, che sconta nelle carceri di Torino, Roma e Forlì. Nel 1931 l'espatrio clandestino in Francia, dove il "ragazzo rosso" assume lo pseudonimo di "Nullo", diventa segretario della Federazione giovanile comunista, direttore di Avanguardia e rappresentante italiano nell'organizzazione comunista internazionale. In quel periodo Gian Carlo Pajetta compie numerose missioni clandestine in Italia, fino a quando, il 17 febbraio del 1933, viene arrestato a Parma. Un anno dopo il Tribunale Speciale fascista lo condanna a 21 anni di reclusione; Pajetta ne sconterà 11 nelle carceri di Civitavecchia e di Sulmona e verrà scarcerato il 23 agosto del 1943, dopo la caduta del fascismo. Poi venne l'8 settembre e la guerra partigiana (nella quale cadde suo fratello Gaspare), che vede "Nullo" Capo di Stato Maggiore (ma di fatto vice comandante generale) delle Brigate Garibaldi e membro del Comando generale del Corpo volontari della libertà. È in questa veste che, tra il novembre e il dicembre del 1944, Pajetta è a Roma, come membro del CLNAI, per trattare con gli Alleati e con il governo Bonomi l'accordo politico-militare che porta al riconoscimento delle formazioni partigiane come formazioni regolari e all'attribuzione delle funzioni di governo al Comitato di Liberazione dell'Alta Italia. Dopo la Liberazione Pajetta diventa direttore dell'edizione milanese de l'Unità e membro della Direzione del Pci. Nel 1945 viene eletto alla Consulta (non era potuto diventare senatore perché troppo giovane), poi, nel 1946, all'Assemblea costituente, nel 1948 alla Camera dei deputati (dove è stato riconfermato ben dodici volte). Dal 1984 è stato anche parlamentare europeo. Il giorno prima di morire d'infarto aveva rilasciato al Messaggero un'intervista nella quale, con riferimento alla "svolta della Bolognina" che avrebbe portato allo scioglimento del PCI, dichiarava di stare vivendo i giorni più brutti della sua vita.