Donne per la pace
Quale fu l’evento più importante della Prima guerra mondiale?
Per l'attrice Roberta Biagiarelli la risposta è una e una soltanto: il congresso dell'Aja del 1915. Ci insegnano a scuola che la storia è scandita dalle guerre, dalle battaglie, per non parlare del Novecento con i suoi conflitti mondiali e le sue immani tragedie.
Lo sappiamo al punto che confondiamo il progredire dell'umanità con la sua sopravvivenza a questo o quel conflitto, da cui è nato quello o quell'altro Stato.
Così, troppo spesso, dimenticano di tramandare l’esperienza e il coraggio di chi tentò di scrivere un’altra storia.
Un esempio? Appunto il congresso femminile e pacifista dell’Aja nel ‘15.
Ne avete mai sentito parlare? Rispondo per voi: no! E forse qualcuno ribatterebbe, un po’ diffidente: storia di genere?
Il punto sta proprio qui. Relegando a sotto capitoli della Macro-storia- quella dei Re e degli eserciti per intenderci-momenti esemplari per positività e contenuti, perdiamo tasselli fondamentali alla comprensione di ieri e, soprattutto, di oggi.
Infatti il centenario della prima guerra mondiale è arrivato in Italia già appesantito dalle cerimonie, dal carrozzone dei finanziamenti per iniziative accademiche, attività extrascolastiche e rievocazioni in costume.
È arrivato dopo aver già travolto altrove, con le sue fanfare e parate, i tentativi di approccio critico, di analisi e di reale divulgazione; tentativi colpevoli di non guadagnare mai le prime pagine dei giornali, non quanto, ad esempio, la sfilata del 4 novembre.
Ma un’attrice, impegnata da anni a intrecciare racconti, a narrare tragedie e riscatti, ha messo il dito nella piaga. Ha voluto anche lei parlare di prima guerra mondiale come tanti altri colleghi, artisti, intellettuali, ma smascherando il fantoccio da parata delle celebrazioni sterili, del narrare che non si fa riflessione, del centenario che resta relegato al passato, muto, mai interrogato sul presente.
Roberta Biagiarelli è andata a scovare un evento dimenticato nei libri di alcune volenterose storiche per metterlo in scena, sì, a teatro. Offrire un’altra voce al racconto della grande carneficina, che il fascismo imbalsamerà in una retorica patriottarda e glorificante che stenta, a livello di memoria pubblica, a lasciare il passo ad una concreta lettura storiografica.
Lo spettacolo ‘Figlie dell’Epoca’ ci racconta del congresso dell’Aja organizzato da un manipolo di donne determinate, colte, concrete e sognatrici al punto giusto.
Si ritroveranno 1.136 delegate di dodici paesi diversi che volevano la pace, far “imparare la pace” ai capi di stato e ai sovrani; che volevano interrompere il massacro, che esercitarono il confronto in quanto esseri umani al di là di confini e patrie con una lungimiranza impressionante.
Roberta - sotto la rigorosa regia di Simona Gonella- fa rivivere con brio e ispirazione quei giorni intensi, concitati, di cento anni fa, le difficoltà per riunirsi nell’Olanda neutrale attraversando nazioni in guerra. E lo fa partendo dalla sua esperienza personale, di donna curiosa e impegnata in Bosnia. Lo fa partendo dalla sua biografia, intrecciando a questa la storia della guerra balcanica degli anni ’90, perché “il Novecento si apre e si chiude a Sarajevo” come ricorda nello spettacolo. Lo fa raccontando del Centenario celebrato nella capitale bosniaca, nel giugno 2014, in una miopia culturale e politica condivisa da tutti i capi di Stato europei lì intervenuti.
Roberta ci porta come su un’altalena fra il passato remoto, il passato prossimo, il presente, dove ciò che emerge è l’impegno per il futuro, per il quale è sufficiente voler star dentro ai fatti, scegliere di non subirli, voler “imparare” sempre di più come suggerisce -per bocca della Biagiarelli -l’unica italiana presente all’Aja: Rosa Genoni. “Rose”, come la chiameranno al congresso, fu una donna straordinaria, con una personalità vulcanica e una biografia avvincente fra emancipazione, militanza politica e carriera professionale, ricordata più negli Stati Uniti che qui quale creatrice del made in Italy nell’alta moda.
“Figlie dell’epoca” ci racconta una storia, un evento, un’utopia che non ha tempo e che molto ci dice della società che siamo, qui ed ora.
C'era una volta chi sognava un mondo migliore, chi credeva di poterlo costruire.
C'erano una volta, e ci sono ancora, donne che non si arrendono e di cui Roberta Biagiarelli fa senza alcun dubbio parte, come tutte noi, volendolo ed è questo il messaggio, forte, dello spettacolo.
“Siamo figli dell’epoca
l’epoca è politica.
Tutte le tue, nostre, vostre
faccende diurne, notturne,
sono faccende politiche.
Che ti piaccia o no...”
G.B.
Per info: http://www.babelia.org/