Gianni Citterio
Militante nel Partito comunista dal 1940, fu tra gli organizzatori degli scioperi milanesi del marzo 1943. Il giorno dopo l'annuncio dell'armistizio, Citterio parlò da un balcone del palazzo municipale di Monza, incitando i suoi concittadini alla lotta contro gli invasori tedeschi. Si diede quindi all'organizzazione, a Milano e in Lombardia, dei primi Gruppi d'Azione Patriottica e delle prime bande partigiane. In rappresentanza del Partito comunista, il giovane avvocato entrò nel primo Comitato militare del CLNAI e, come ispettore del Comando generale delle Brigate Garibaldi, fece la spola tra Milano e la Val d'Ossola, finché il Comando stesso reputò opportuno che Citterio si fermasse nell'Ossolano, per accelerare l'organizzazione di quel movimento partigiano. Nel ruolo di commissario politico della banda dell'architetto Filippo Beltrami, Citterio (che aveva scelto il nome di battaglia di "Redi") esercitò un grande ascendente sui giovani che cominciarono, sempre più numerosi ad entrare nella formazione. Il progetto di Redi, mirante a trasformare le prime bande di combattenti in vere e proprie Brigate, non fu portato a compimento da lui. Cadde, con il capitano Beltrami e con altri valorosi antifascisti, nello scontro di Megolo. Nella motivazione della ricompensa al valore assegnata alla memoria di Citterio è scritto: "Attivissimo organizzatore della resistenza partigiana, prese parte a tutte le più rischiose imprese della sua formazione, accoppiando intrepido coraggio alle supreme idealità. Mentre con un pugno di audaci rientrava da un'ardita impresa compiuta, venne attaccato da forze nemiche venti volte superiori, e senza esitare accettò la disperata battaglia. Benché ferito ripetutamente, mentre attorno a lui cadevano tutti i suoi compagni, sostenne l'impari lotta, finché colpito da una raffica di mitraglia esalava lo spirito invincibile".