Ferdinando Labò
Era sopravvissuto, sia pure privo di una gamba, alle gravi ferite riportate durante la lotta partigiana. È deceduto, con la moglie, in un incidente d'auto sulla strada per Montù Beccaria. Ferdinando Labò, personaggio molto noto all'ANPI e tra gli ex partigiani del Pavese, era nato in una famiglia di contadini. Aveva quattordici fratelli e, a 22 anni, era entrato a far parte come partigiano combattente di una formazione "Matteotti". Il 23 novembre del 1944 "Boffi" (questo il nome di battaglia di Labò), mosse col distaccamento "Francescotti" - che era acquartierato presso il santuario di Montelungo - verso Zerbo, per bloccare i nazifascisti che risalivano la valle per effettuare un grande rastrellamento. Nello scontro con i tedeschi, cadde, colpito a morte, "Volpe" commissario del distaccamento; per Labò, ferito alle gambe e alla spalla da quattro proiettili, cominciò un martirio che lo vide passare dall'ospedale di Stradella a quello di Piacenza, dal tavolaccio del carcere all'infermeria della prigione, dove gli amputarono la gamba sinistra. E poi, ancora, mesi di sofferenze negli ospedali di Verona e di Baggio e nel Centro mutilati di Lecco, dal quale Labò uscì, con le sue stampelle, solo dopo la Liberazione. Gli studi di ragioneria al Convitto Rinascita e poi, per il contadino di Montù, grazie al sindaco Greppi, un lavoro mai pensato: giornalaio a Milano, con l'edicola sotto i portici meridionali di Piazza del Duomo. Con la pensione, il ritorno, a rievocare i giorni della Resistenza, tra i suoi compagni di Montù Beccarla; per trovarvi nei dintorni la morte, a tanti anni dal ferimento, ma proprio nell'anniversario del giorno in cui "Boffi" era stato colpito dai tedeschi.