Vando Aldrovandi
Figlio del musicista Wando (che aveva lasciato l'Italia, per non eseguire l'inno fascista prima delle opere liriche), durante gli studi (si laureò in Giurisprudenza), era diventato amico di Rodolfo Banfi e seguace del filosofo Antonio. Chiamato alle armi alla vigilia della seconda guerra mondiale, Aldrovandi allo scoppio delle ostilità è inviato sul fronte francese.
All'annuncio dell'armistizio si trova a Sant'Albino di Monza; sfugge alla cattura da parte dei tedeschi ed entra in clandestinità raggiungendo la zona di Lecco. Col nome di battaglia di "Al" è tra gli organizzatori dei primi distaccamenti d'assalto "Garibaldi" in Lombardia. Si distingue subito per combattività e competenza e nel giugno del 1944 gli è affidato il comando della II Divisione "Garibaldi", che comprende la 55ma Brigata "Rosselli", l'89ma Brigata "Hissel" e la Brigata "Poletti". Successivamente è nominato commissario del Raggruppamento Divisioni Garibaldi "Lombardia", operante nella zona del lago di Como e della bassa Valtellina.
Alla Liberazione (è lui ad ottenere, a Mandello Lario, la resa dell'Armata delle SS della Liguria in fuga, comandata dal generale Pemsel), "Al" resta nelle zone della lotta partigiana, svolgendo attività politica per il PCI. Ammalatosi, è costretto a sospendere ogni attività per alcuni mesi.
Quando torna a Milano apre (con Antonio Banfi, Raffaele Mattioli, Gian Carlo Pajetta ed Elio Vittorini e altri) la Casa della Cultura in via Filodrammatici. Divenuto cognato di Giulio Einaudi, nel 1951 apre in Galleria Manzoni la Libreria Internazionale, che diventa un centro di attività culturale e politica.
Aldrovandi fu membro della Commissione culturale milanese del PCI e operò perché cattolici, laici, socialisti, intellettuali di ogni orientamento, abbiano modo di incontrarsi. Nel 1971 fonda a Ghilarza l'associazione "amici della Casa Gramsci" di cui è presidente. Nel 1977 organizza ad Ales le ristrutturazione, progettata da Giò Pomodoro, della piazza centrale del paese. Il Comune di Milano lo premia con l'«Ambrogino d'oro».
Tra i primi dirigenti dell'ANPI di Milano, quando Vando Aldrovandi muore, Alberto Cavallari scrive di lui: "Era l'uomo di una sola idea, ma cosciente che il mondo ha bisogno di tutte le idee".