Alberto Bechi Luserna
Suo padre, Giulio, colonnello, era caduto in combattimento, nel 1917, durante la Prima guerra mondiale ed era stato decorato di Medaglia d'oro. Alberto ne aveva seguito le orme ed era diventato ufficiale di Cavalleria. Volontario nella guerra d'Etiopia, Bechi Luserna, durante la Seconda guerra mondiale, aveva combattuto, al comando del IV Battaglione "Folgore", con i paracadutisti a El Alamein (suo il testo dell'epigrafe apposta al cimitero militare di "Quota 33"). Promosso tenente colonnello e capo di stato maggiore della Divisione "Nembo", Bechi Luserna al momento dell'armistizio si trovava a Campidano, a una quarantina di chilometri da Cagliari.
Il 10 settembre 1943, l'alto ufficiale fu informato che un battaglione di paracadutisti (sobillato da fascisti ed ufficiali traditori) aveva defezionato per unirsi a una Divisione tedesca, in fuga verso la Corsica. Subito, Bechi Luserna salì su una macchina e, con l'autista e due carabinieri, si lanciò lungo la statale "Carlo Felice" nell'intento di raggiungere il reparto e impedire che seguisse i tedeschi. All'altezza del km 141, l'auto fu fermata da un gruppo di militari italiani. L'ufficiale fascista che li comandava si avvicinò al tenente colonnello e gli sparò con la pistola, ordinando poi agli altri rivoltosi di far fuoco. Bechi Luserna cadde crivellato di colpi. Il suo cadavere, infilato in un sacco, fu gettato a mare dai fascisti.
La motivazione della massima ricompensa al valore militare alla memoria di Bechi Luserna dice: "Ufficiale di elevate qualità morali ed intellettuali, più volte decorato al valore, capo di S.M. di una divisione paracadutisti, all'atto dell'armistizio, fedele al giuramento prestato ed animato solo da inestinguibile fede e da completa dedizione alla Patria, assumeva senza esitazione e contro le insidie e le prepotenze tedesche, il nuovo posto di combattimento. Venuto a conoscenza che uno dei reparti dipendenti, sobillato da alcuni facinorosi, si era affiancato ai tedeschi, si recava, con esigua scorta e attraverso una zona insidiata da mezzi blindati nemici, presso il reparto stesso per richiamarlo al dovere. Affrontato con le armi in pugno dai più accesi istigatori del movimento sedizioso, non desisteva dal suo nobile intento, finché, colpito, cadeva in mezzo a coloro che egli aveva tentato di ricondurre sulla via del dovere e dell'onore. Coronava così, col cosciente sacrificio della vita, la propria esistenza di valoroso soldato, continuatore di una gloriosa tradizione familiare di eroismo".
Ad Alberto Bechi Luserna è intitolata una strada di Macomer. Portano il suo nome anche caserme di Macomer, di Pisa e di Capua. Sulla battaglia di El Alamein, Bechi Luserna ha lasciato un libro dal titoloI ragazzi della Folgore.