Giorgio Perlasca
Vita movimentata quella di Perlasca. Già negli anni Venti (dopo la nascita di Giorgio,il padre, Carlo, si era trasferito, per motivi di lavoro, a Maserà, in provincia di Padova), il ragazzo è espulso per un anno "da tutte le scuole del Regno". Aveva pesantemente litigato con un professore, che non apprezzava come lui l'«impresa di Fiume». Fascista convinto, Perlasca parte volontario per l'Africa orientale. Durante la guerra civile spagnola combatte dalla parte dei franchisti. Entra in crisi quando ritorna in Italia. Non lo convince l'alleanza di Mussolini con Hitler e, soprattutto, lo disgustano le leggi razziali del 1938. Non diventerà mai, però, un vero antifascista, tant'è che, allo scoppio della seconda guerra mondiale è mandato, con lo status di diplomatico, come incaricato d'affari nei paesi dell'Est. L'armistizio lo coglie a Budapest. Perlasca, che ha prestato giuramento al Re, rifiuta di aderire alla repubblichetta di Salò. È così internato insieme con altri diplomatici. Fugge quando i tedeschi affidano il comando dell'Ungheria alle Croci Frecciate. Ripara da vari conoscenti, poi si rifugia all'Ambasciata spagnola. Ha con sé un documento di benemerenza firmato da Francisco Franco. Tanto gli basta per accreditarsi presso l'ambasciatore franchista e, durante la sua assenza, autonominarsi ambasciatore di Spagna. In questa veste riesce a sfamare, prima, e a salvare, poi, migliaia di ungheresi di religione ebraica ammassati in "case protette" e destinati ai campi di sterminio nazisti, rispolverando allo scopo una legge spagnola del 1924. È stato calcolato che Perlasca sia riuscito a salvare, 5.218 ebrei ungheresi. Quando l'Armata Rossa libera Budapest, l'«ambasciatore spagnolo», dopo un viaggio avventuroso per i Balcani e la Turchia, torna in Italia e qui conduce una vita normalissima, senza nulla raccontare della sua storia, che si scopre soltanto negli anni Ottanta, grazie alle ricerche di alcune donne ungheresi che aveva salvato quando erano ragazzine. Perlasca ha voluto che lo seppellissero nella terra del cimitero di Maserà. Una lapide, oltre alle date di nascita e di morte, reca inciso in ebraico "Giusto tra le Nazioni".