Eugenio Curiel
Di agiata famiglia ebrea, aveva dedicato allo studio l'adolescenza, conseguendo con un anno d'anticipo la licenza liceale. Di ingegno vivacissimo, aveva frequentato, per volere del padre, il primo biennio di Ingegneria a Firenze. Si era poi iscritto al Politecnico di Milano, ma lo aveva lasciato per tornare a Firenze a seguire i corsi di Fisica. Completò questi studi a Padova, laureandosi (110/110 e lode), a soli 21 anni, con una tesi sulle disintegrazioni nucleari. Assistente del professor Laura, si diede negli anni tra il 1933 e il 1934 anche agli studi filosofici ed approdò, non senza un processo critico, al marxismo. Di qui, nel 1936, la prima presa di contatto di Curiel con il Centro estero del Partito comunista, a Parigi. Nel 1937 il giovane intellettuale assume la responsabilità della pagina sindacale del “Bò”, il giornale universitario di Padova. Ma quell'impegno nella “attività legale” dura poco. Nel 1938 Curiel, a seguito delle leggi razziali, è sollevato dall'insegnamento e si trasferisce a Milano. Qui prende contatti con il Centro interno socialista e con vari gruppi antifascisti, ma il 23 giugno del 1939 viene arrestato da agenti dell'Ovra. Qualche mese nel carcere di San Vittore, il processo e la condanna a cinque anni di confino a Ventotene. Nell'isola, dove arrivano operai, antifascisti, garibaldini di Spagna – attraverso una sorta di “università proletaria” nella quale anche Curiel insegna, come dimostrano gli appunti ritrovati delle sue lezioni – si formano i quadri che organizzeranno la Resistenza. Il 21 agosto del 1943 anche Curiel, per sofferta decisione del governo Badoglio, lascia Ventotene. Torna in Veneto, ritrova vecchi amici e collaboratori, indica loro la via della lotta armata e infine ritorna a Milano. Qui dirige, di fatto, l'Unità clandestina e la rivista comunista La nostra lotta, tiene i contatti con gli intellettuali antifascisti, promuove tra i giovani resistenti la costituzione di un'organizzazione unitaria: il “Fronte della gioventù per l'indipendenza nazionale e per la libertà”. Il mattino del 24 febbraio 1945, a due mesi dalla Liberazione, mentre si sta recando ad un appuntamento, Eugenio Curiel viene sorpreso in piazzale Baracca da una squadra di militi repubblichini guidati da un delatore; non tentano nemmeno di fermarlo: gli sparano una raffica quasi a bruciapelo. Il giovane - si rialza, si rifugia a fatica in un portone, ma qui viene raggiunto e finito dai fascisti. Il giorno dopo, sulla macchia rimasta, una donna spargerà dei garofani.
Questa la motivazione della decorazione alla memoria del giovane antifascista comunista: “Docente universitario, sicura promessa della scienza italiana fu vecchio combattente, seppur giovane d'età, nella lotta per la libertà del popolo. Chiamò a raccolta, per primo, tutti i giovani d'Italia contro il nemico nazifascista. Attratta dalla sua fede, dal suo entusiasmo e dal suo esempio, la parte migliore della gioventù italiana rispose all'appello ed egli seppe guidarla nell'eroica lotta ed organizzarla in quel potente strumento di liberazione che fu il Fronte della gioventù. Animatore impareggiabile è sempre laddove c'è da organizzare, da combattere, da incoraggiare. Spiato, braccato dall'insidioso nemico che vedeva in lui il più pericoloso avversario, mai desisteva dalla lotta. Alla vigilia della conclusione vittoriosa degli immensi sforzi del popolo italiano cadeva in un proditorio agguato tesogli dai sicari nazifascisti. Capo ideale e glorioso esempio a tutta la gioventù italiana di eroismo, di amore per la Patria e per la Libertà”.