Maurizio Giglio
Ufficiale mobilitato sul fronte greco-albanese e ferito in combattimento, si trovava a Roma al momento dell'armistizio. Alla testa di un gruppo di suoi soldati dell'81° Reggimento fanteria, si batté contro i tedeschi a Porta San Paolo. Quando la Capitale fu occupata, Giglio si allontanò da Roma, attraversò la linea del fronte presso Benevento e si mise a disposizione del Comando italiano. Questo, d'intesa con i servizi d'informazione della V Armata americana, lo munì d'apparecchiature ricetrasmittenti e lo rimandò a Roma affidandogli rischiosi incarichi informativi, prevedendo anche il suo arruolamento nella polizia della pseudo repubblica sociale. Fermato mentre scattava fotografie d'impianti militari, riusciva - com'è sottolineato nella motivazione della medaglia al valore - "con sangue freddo ed astuzia a confondere i suoi avversari ed ottenere la liberazione". Poco tempo dopo, però, Giglio fu di nuovo arrestato dai fascisti, in seguito ad indicazione strappata al suo radiotelegrafista. Sottoposto a feroci interrogatori e torture, il giovane ufficiale non rivelò nulla sull'organizzazione clandestina che dirigeva e fu quindi trucidato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine.