Giuseppe Saragat
Figlio di un magistrato di origine sarda, crebbe nell'impegno politico con l'avvento del fascismo. Nel 1922 approdò al Partito socialista unitario e, dopo il delitto Matteotti, fu esule in Francia, Austria e Svizzera. Tornato in Italia dopo la caduta del fascismo, all'indomani dell'8 settembre 1943 Saragat, che era stato ministro senza portafoglio nel Governo Bonomi, fu arrestato e consegnato ai tedeschi. Rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli, divise la cella con Sandro Pertini. Grazie a un'abile azione dei partigiani romani (guidati da Giuliano Vassalli, con la collaborazione del medico della prigione Alfredo Monaco), i due futuri Presidenti della Repubblica riuscirono a evadere. Saragat riprese così il suo posto nella Resistenza trasferendosi al Nord. Dopo la Liberazione fu, per breve tempo, ambasciatore a Parigi. Nel 1946, eletto deputato alla Costituente, presiedette quell'Assemblea sino al gennaio 1947, quando ruppe col PSI e diede vita a quella che va sotto il nome di "scissione di Palazzo Barberini" che portò alla nascita del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Nel 1951, in seguito alla fusione con il Partito Socialista unitario di Giuseppe Romita, il PSLI si chiamò Partito Socialista Democratico Italiano. Più volte vicepresidente del Consiglio nei governi De Gasperi, fu anche ministro degli Esteri dal 1962 al 1964 e si schierò a favore della formula politica del centrosinistra. Il 28 dicembre 1964 fu eletto Presidente della Repubblica al 21° scrutinio, grazie anche ai voti decisivi dei socialisti e dei comunisti. Terminato il suo mandato nel 1971, Saragat divenne di diritto senatore a vita, ma ebbe anche l'occasione di ritornare al suo partito, di cui divenne presidente nel 1976. Al suo nome è intitolata una Fondazione.