Federico Comandini
Cresciuto nell'ambienta del repubblicanesimo romagnolo, dopo la Prima guerra mondiale (alla quale aveva partecipato col fratello e col padre Ubaldo, per più legislature parlamentare repubblicano), Comandini militò nei gruppi liberalradicali. Perseguitato e ferito dagli squadristi, durante il regime fascista l'avvocato fu più volte arrestato. Ciononostante, egli fu tra gli animatori di "Giustizia e Libertà" e tra i fondatori del Partito d'Azione, che nacque appunto, il 4 giugno 1942, nella sua casa romana. Nei primi mesi del 1943, Comandini fu incarcerato e deferito al Tribunale speciale. Liberato dopo il 25 luglio, durante l'occupazione tedesca rappresentò il PdA nel CLN centrale di Roma. Dopo la Liberazione, l'avvocato cesenate fu Consultore nazionale e membro di numerose Commissioni per la riforma dei Codici. Con lo scioglimento del Partito d'Azione aderì al Movimento di Unità Popolare. Consigliere comunale di Roma per dieci anni (sino al 1956), dalla Liberazione al 1948 fu anche presidente del Consiglio degli avvocati romani. Dal 1958 al 1963 fece parte del gruppo parlamentare socialista alla Camera. Combatté le sue ultime battaglie, in difesa dei valori democratici e della Resistenza, come membro del Consiglio superiore della Magistratura. Fu stroncato da un malore, proprio mentre stava parlando in una seduta del CSM. A Federico Comandini è stato intitolato un sobborgo di Cesena.