Gustavo Levorin
Levorin, nel 1928, era finito davanti al Tribunale Speciale per la sua attività antifascista. Condannato, era tornato libero dopo tre anni di reclusione. Sino alla caduta del fascismo era però rimasto un "sorvegliato speciale". Subito dopo l'armistizio prese parte alla Guerra di liberazione e fu tra i principali organizzatori del movimento partigiano in provincia di Venezia. Levorin era ispettore delle Brigate Garibaldi quando fu arrestato, insieme con altri patrioti, nella zona di San Donà di Piave. Era in carcere da sei mesi e si preparava ad affrontare la prova della deportazione in Germania - com'ebbe a testimoniare la sorella Elvira nel 1970, quando l'ANPI provinciale di Padova si apprestava a pubblicare il volume Gustavo Levorin, combattente della libertà - quando fu prelevato dalla prigione. Con Levorin furono portati in catene i patrioti Ernesto D'Andrea, Violante Momesso, Angelo Gressani, Stefano Bertazzolo, Giovanni Tronco, Giovanni Tamai, Amedeo Peruch, Enzo Gusso, Venceslao Nardean, Francesco Biancotto, Attilio Basso, e Giovanni Felisati. I tredici, molti dei quali stavano per essere scarcerati, perché a loro carico non erano state trovate prove di sorta, furono fucilati, alle 5 del mattino del 28 luglio, sulle macerie di Ca' Giustinian. Il palazzo, che era allora la sede di vari Comandi tedeschi e fascisti, era stato fatto saltare due giorni prima dai patrioti veneziani. Prima di cadere sotto la rappresaglia fascista, i morituri, seguendo l'esempio del diciottenne Francesco Biancotto, intonarono "Bandiera rossa". Si unì al coro di quel gruppo di comunisti anche Enzo Gusso, militante del Partito d'Azione.