Mario Garuglieri
Vicesegretario della Federazione giovanile fiorentina del PSI dal 1913, Garuglieri svolse in Toscana un'intensa campagna antimilitarista e, nel 1915 (contro l'intervento italiano nella Prima guerra mondiale), invitò i giovani alla diserzione. Quando fu lui stesso chiamato alle armi e, per i suoi precedenti politici, assegnato ad una "compagnia di disciplina", non esitò a disertare. Ciò gli valse una condanna a 10 anni di reclusione, pena che fu poi estinta per amnistia (come per tutti gli altri disertori), alla fine del conflitto. Tornato a Firenze, Garuglieri riprese alacremente l'attività politica e, nel 1921, aderì al Partito comunista. Nel luglio dello stesso anno, mentre lavorava nella sua bottega, il calzolaio fu aggredito da alcuni squadristi armati. Benché colpito alla testa da una rivoltellata, Garuglieri si difese a colpi di trincetto e uno dei fascisti fu mortalmente ferito. Nonostante avesse agito in stato di legittima difesa, il calzolaio (mentre i suoi aggressori furono assolti), fu condannato a 21 anni e 6 mesi di reclusione. Grazie ad amnistie e indulti, fu scarcerato nel 1933, dopo aver scontato 12 anni di prigione a Firenze, Pianosa, Portolongone, Lecce e Turi ed aver contratto in carcere la tubercolosi. Ma per la giustizia del regime fascista non bastava: considerato "pericoloso", il calzolaio fiorentino fu confinato per 5 anni ad Agropoli (Salerno) e, alla fine di questo periodo, fu riassegnato per altri 5 anni al confino ad Eboli (Salerno). Nemmeno dopo la caduta di Mussolini, Garuglieri poté tornare in circolazione: anche durante il Governo Badoglio il giudizio di "pericolosità" fu, infatti, per lui conservato, tanto che l'antifascista fiorentino tornò in libertà soltanto nell'ottobre del 1943, quando l'Italia del Sud fu liberata dagli Alleati. Da allora e fino all'autunno del 1945, Mario Garuglieri fu uno dei più noti e apprezzati dirigenti comunisti della provincia di Salerno. Tornato a Firenze, ormai malato, non svolse più incarichi politici di rilievo. Nel marzo del 1946 la Corte d'Appello emetteva, finalmente, una sentenza d'assoluzione di Garuglieri per i fatti di 25 anni prima. Sulla vicenda di questo valoroso antifascista (che aveva condiviso, per qualche tempo, con Antonio Gramsci il carcere di Turi), si è particolarmente soffermato, nel 1986, Abdon Alinovi, nel libro scritto a più mani Alla radice del nostro presente. Ad Eboli, una via è stata intitolata a Mario Garuglieri.