Luigi Repossi
Abitava nel capoluogo lombardo a Porta Ticinese e lì cominciò, giovanissimo, ad appassionarsi ai problemi sindacali.
Attivo partecipe delle lotte sindacali di fine ‘800, alla vigilia della prima guerra mondiale Repossi fu tra i più decisi oppositori dell’entrata dell’Italia nel conflitto, atteggiamento che nel 1917 gli costò la condanna a 5 mesi di detenzione e l’assegnazione al confino.
Nel biennio 1919-1921, Repossi fece parte del direttivo milanese della FIOM e al Convegno socialista di Imola fu tra gli elaboratori del manifesto-programma della Frazione comunista, tanto che il 21 gennaio 1921 fu eletto a Livorno nell’Esecutivo del Partito Comunista d’Italia.
Dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, fu Repossi a pronunciare in Parlamento il famoso discorso di accusa del governo fascista che gli valse, nel 1926, con altri deputati comunisti, l’arresto e il confino a Lipari e a Ponza.
Tornato in libertà, Repossi riprese a Milano i contatti coi suoi compagni della “Sinistra Comunista” e con loro fu espulso dal Partito per non avere sottoscritto la condanna di Troski, emessa dall’Internazionale Comunista nel febbraio 1928.
All’inizio della Seconda guerra mondiale nuovo arresto e internamento a Istonio (oggi Vasto, in provincia dei Chieti).
Dopo l’8 settembre 1943, respinta la sua domanda di rientrare nel Partito comunista, il dirigente sindacale si iscrisse al PSI e dopo la Liberazione fu chiamato a rappresentare questo partito nella commissione lavoro e previdenza sociale in seno alla Consulta.
Negli anni dell’immediato dopoguerra fu ancora attivo nella Camera del Lavoro di Milano. Trascorsi in condizione di estrema povertà i suoi ultimi anni, Repossi, colpito da paralisi, si è spento in un letto di ospedale.