Cesare Dattilo
Lavorava alle officine San Giorgio di Sestri Ponente quando, subito dopo l'armistizio, prese parte alla Resistenza genovese organizzando scioperi nella zona industriale. Il 16 luglio del 1944 -, quando i tedeschi, spalleggiati dai fascisti, misero in atto un rastrellamento nelle fabbriche per deportare operai in Germania - Dattilo riuscì a sottrarsi alla cattura. Raggiunte le formazioni partigiane sull'Appennino ligure, Cesare Dattilo assunse il comando di un distaccamento della Divisione Garibaldi "Doria", operante nella zona del Sassello, ad Acquabianca. Pochi mesi dopo, al giovane operaio fu assegnato il comando della Brigata Garibaldi "Giacomo Buranello", che impegnò i nazifascisti sia sull'Appennino sia nella Riviera Ligure, portando a compimento azioni clamorose come la cattura (con tutto il loro equipaggiamento), di due compagnie di alpini della Divisione fascista "Monterosa". Ai primi di ottobre i tedeschi decisero di contrattaccare, mettendo in atto un massiccio rastrellamento, il cui epicentro era nella zona di Olbicella (Alessandria), che vide impegnati agguerriti reparti della Wehrmacht, appoggiati dalle Brigate nere e da uomini della "Monterosa". Nei combattimenti caddero diciassette partigiani della "Buranello" e sei furono catturati e impiccati, ma i nazifascisti non riuscirono a "ripulire" la zona. Due mesi dopo, reparti della Divisione fascista "San Marco" catturarono Cesare Dattilo. Tradotto dapprima al Forte del Giovo di Sassello, poi nelle carceri di Savona e infine alla Casa dello Studente di Genova, il comandante della "Buranello" fu sottoposto, lungamente e inutilmente, a tortura. I fascisti se ne liberarono quattro mesi dopo quando - su ordine dei tedeschi, che avevano deciso di compiere una rappresaglia - consegnarono Cesare Dattilo e altri diciannove patrioti alle SS, che ne fucilarono diciotto (due, coperti dai compagni, erano riusciti a saltare dal camion che li portava al martirio), presso il cimitero di Cravasco. Morirono con Dattilo: Oscar Antibo, Giovanni Bellegradi, Pietro Bernardi, Orlando Bianchi, Virginio Bignotti, Cesare Bo, Pietro Boldo, Giulio Campi, Gustavo Capitò, Giovanni Carù, Giacomo Goro, Giuseppe Malinverni, Nicola Panevino, Renato Quartini, Bruno Riberti, Ernesto Silvestrini. Si salvò Franco Diodati che, colpito di striscio, si finse morto.