L'eccidio di Cornalba
Domenica 30 novembre, a Cornalba (Bergamo), si è svolta la manifestazione a ricordo del 70° Anniversario dell'eccidio di Cornalba da parte dei repubblichini. Vi hanno partecipato i sindaci della zona e il viceconsole del Consolato Generale della Federazione Russa di Milano.
Qui di seguito pubblichiamo l'intervento di Roberto Cenati, presidente provinciale dell'Anpi di Milano.
Ricorre quest'anno il settantesimo anniversario del rastrellamento e dell'eccidio di Cornalba avvenuto il 25 novembre 1944.
Il tragico episodio si inserisce in quel durissimo periodo per la Resistenza in tutta l'Alta Italia che va dal settembre al novembre 1944 e che fu contrassegnato da un lato dal proclama Alexander (dai più inteso come un invito, da parte degli Alleati, alla smobilitazione degli uomini in armi contro il nazifascismo), dall'altro dai pesanti e incessanti rastrellamneti nemici, nonché da un inverno ormai alle porte che si preannunciava particolarmente inclemente.
Verso le ore sette e trenta di sabato 25 novemmbre 1944 un reparto della compagnia OP di Bergamo, al comando del tristemente noto capitano Aldo Resmini, inizia un rastrellamento in val Serina. La colonna risale la valle e appena prima della frazione di Rosolo incrocia e blocca la corriera di linea Zambla-Bergamo. Mentre si compie la perquisizione dei passeggeri, sopraggiunge la seconda corriera, che abitualmente seguiva la prima di pochi minuti.
Vengono fermati, riconosciuti e uccisi sul posto i partigiani Giuseppe Biava, Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari.
Poi la colonna fascista si divide in due gruppi. Il primo prosegue lungo la provinciale per Serina, dove effettua un breve rastrellamento, nella zona centrale del paese: molti uomini e giovani del posto si danno alla fuga e riescono a raggiungere i sentieri nei boschi. Il secondo si dirige verso Cornalba giungendovi poco prima delle ore otto.
I partigiani che si trovano in Cornalba, dove ha sede il comando della formazione, fuggono vero le pendici dell'Alben, per ricongiungersi al grosso della formazione. Sono però fatti bersaglio di un fuoco intensissimo proveniente dalle mitragliatrici fasciste, l'una piazzata in un prato, l'altra sul campanile della chiesa, e da almeno due mortai piazzati sulla destra dell'abitato. Per due ore nel paese risuonano le raffiche di mitraglia e i colpi di mortaio, mentre i repubblichini perquisiscono le case minacciando distruzioni e stragi.
Alle ore 10 viene dato il cessate il fuoco, ma ha inizio il rastrellamento nei boschi e nelle cascine sopra l'abitato, finchè alle ore 12,00 la colonna OP lascia Cornalba per fermarsi al municipio di Bracca, sito in Algua, dove il capitano minacca il podestà e il parroco prospettando nuovi rastrellamenti.
Cornalba inizia la raccolta dei cadaveri. Erano caduti il comandante della Brigata Giustizia e Libertà “24 Maggio” Giacomo “Tiragallo” Ratti, i fratelli Gino e Piero Cornetti, Franco Cortinovis, Giuseppe Maffi, Callisto Sguazzi “Peter”, Battista Mancuso.
Giambattista Mancuso, nato a Palmi nel 1922, si trasferisce con la famiglia a Milano, studia al Liceo "Parini", dove il padre aveva ottenuto il posto di custode. Si iscrive a Medicina, ma prima di concludere gli studi partecipa alla Resistenza (nella divisione "Orobica" di Giustizia e Libertà e poi nelle Brigata "XXIV maggio") prendendo parte rischiosi trasporti di armi dalla pianura alle montagne bergamasche. Sulla casa dove abitava a Milano in via Goito 4 c'è una lapide che lo ricorda.
Pur con la paura di nuove azioni contro la popolazione, martedì 28 novembre 1944 si svolge la cerimonia funebre che è controllata e difesa da un gruppo di partigiani in armi.
Esattamente una settimana dopo, il primo dicembre 1944, una nuova azione di rastrellamento ad opera dei militi della guardia forestale interessa Serina provocando la morte di altri cinque partigiani: Celestino Gervasoni, Mario Ghirlandetti e i russi “Carlo”, “Michele” e “Angelo”. Di rilevante importanza è stato il contributo dei tantissimi soldati poco più che vent’anni, provenienti dalle parti più remote della Russia, l'allora Unione Sovietica, che, catturati dai tedeschi e tradotti in Italia, riuscirono a fuggire dai campi di prigionia fascisti dopo la caduta di Mussolini e si unirono, all'indomani dell'8 settembre 1943, alle formazioni partigiane.
Il tragico evento del 25 novembre 1944 ebbe una vasta eco in tutta la Resistenza bergamasca che nello stesso periodo dovette subire altri pesantissimi attacchi nazifascisti. Basti ricordare l'imboscata alla Malga Lunga che costò la vita a otto partigiani della 53a Brigata Garibaldi guidata da Giorgio Paglia, il 17 novembre 1944.
Da notare che la prima commemorazione ufficiale dei partigiani caduti nei rastrellamenti di Cornalba e Serina ebbe luogo il primo aprile del 1945, prima quindi della Liberazione, alla presenza dei Commissari di Zona di valle e di Brigata, di una rappresentanza della Brigata XXIV Maggio e della popolazione del luogo. Ne dava notizia ai comandi superiori il commissario della “24 Maggio”, Adriano De Vecchi.
Il dovere della Memoria
Ricordare è un dovere, soprattutto di questi tempi, in cui la tentazione di cancellare la memoria è ricorrente, spesso mascherata dalla strumentale necessità di una pacificazione universale mediante l’azzeramento del passato e la sua cancellazione, comprese le iniquità e le infamie del fascismo e della Repubblica di Salò, la cui storia e i cui simboli vengono ripresi e rivalutati da rinascenti movimenti neofascisti e neonazisti che cercano sempre più di trovare spazio nei comuni della Lombardia che tanto hanno dato per liberare il nostro Paese dal nazifascismo.
Si sono verificati gravi e preoccupanti episodi nella nostra Regione, che si pongono in aperto contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione repubblicana e con le leggi Scelba e Mancino, come la recente profanazione del sacrario del San Martino (è la seconda volta che ciò avviene nel giro di due anni), episodio gravissimo da noi denunciato, per il quale abbiamo richiesto un energico intervento delle istituzioni, delle autorità e della magistratura competente.
Chiediamo alle istituzioni e alle autorità di impedire che tali manifestazioni, in aperto contrasto con i principi della Costituzione repubblicana e con le leggi Scelba e Mancino, si ripetano con l'approssimarsi del 70° anniversario della Liberazione.
L'eredità della Resistenza
Siamo di fronte a una gravissima crisi economico-sociale, a una delicatissima fase politica ed istituzionale, al rischio della dissoluzione delle regole e dei valori che rendono possibile la sopravvivenza dello stato di diritto e della democrazia stessa, ad una caduta senza precedenti dell’etica pubblica, al manifestarsi quasi quotidiano di fenomeni di corruzione, in una società che celebra ogni giorno, il rito dell’effimero, del successo individuale, della scomparsa della solidarietà.La conseguenza inevitabile di questa deriva è costituita dal venir meno della speranza nella possibilità di cambiamento e da una perdita di fiducia forse irreversibile da parte dei cittadini nei confronti delle istituzioni e della politica, testimoniata dalla elevatissima percentuale di astensionismo registratasi nelle ultime elezioni regionali. Anche se il quadro che ci circonda è desolante, dobbiamo sconfiggere la diffidenza per la politica, che il fascismo ha instillato negli italiani, considerandola “una cosa sporca” e restituirle il suo significato di partecipazione e impegno disinteressati per il bene comune, come l'intera vicenda resistenziale ci ha insegnato.
In questo quadro preoccupante c'è un faro che deve illuminare il nostro cammino, costituito dalla preziosa eredità lasciataci dalla Resistenza i cui valori di democrazia, solidarietà e pace vanno rilanciati nella società contemporanea che sembra aver perso la propria identità. La Resistenza non fu solo quel grande moto unitario di partiti e di popolo, di uomini e di donne che, pur prive del diritto di voto, lottarono per liberazione del nostro Paese dal nazifascismo. Fu anche anelito per la costruzione di un nuovo stato e di una nuova società. Fu aspirazione ad un mondo di pace finalmente risanato dalla piaga del nazionalismo esasperato, all'origine della Prima e della Seconda Guerra Mondiale. Dalla Resistenza discende oggi la scelta europeista, teorizzata da Altiero Spinelli nel Manifesto di Ventotene, di un’Europa politicamente e socialmente unita non in nome dell'austerità, ma che deve guardare ai bisogni e alle sofferenze della gente, stella polare dell'Italia repubblicana insieme alla Carta Costituzionale che va mantenuta nella sua impalcatura fondamentale costituita sull’equilibrio dei tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario), alla base della democrazia repubblicana.
La Costituzione è l'eredità più preziosa lasciataci dalla Resistenza che attende ancora di essere pienamente attuata nei suoi principi fondamentali e che prefigura una società più giusta e un mondo migliore.
Ricordava Gian Battista Stucchi, autorevole esponente del Corpo Volontari della Libertà, “la Resistenza ha il privilegio di non invecchiare. C'è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi.” È questo il delicato compito che attende tutti noi.
Roberto Cenati