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I muri ricordano

La Resistenza a Roma attraverso le epigrafi (1943-1945).

Giuseppe Mogavero, Massari Editore, 2002, pp. 262, euro 20,00

Ricostruita la storia della Resistenza a Roma, dal 1943 al 1945, attraverso le epigrafi che nel tempo sono state apposte in varie parti della città. Nella presentazione del libro è ricordato che prima ancora che lotta di partiti e di movimenti politici, quel periodo rappresenta la lotta di persone, di famiglie, di villaggi,di quartieri, di scuole, di fabbriche, di cascine e di gruppi sociali “elementari” (ciascuno con le proprie specificità e le proprie identità).
“Le lapidi, le iscrizioni, le intestazioni e i monumenti romani della Resistenza testimoniano come ciò sia stato vero nella città di Roma – scrive Antonio Parisella, Presidente del Museo della Liberazione di via Tasso –: dalle vie e dalle piazze dei rioni del centro storico a quelle dei quartieri dell’espansione urbana otto-novecentesca, ai suburbi, fino alle zone del limite dove la città si confondeva (e talora si confonde ancora) con la campagna”.
È importante sottolineare che dalla lettura delle epigrafi emerge che le persone ricordate erano tranvieri e avvocati, militari e fabbri, meccanici e professori, impiegati e preti, operai e negozianti, commessi e studenti, falegnami e artisti.


Giuseppe Mogavero, nell’avvio del suo lavoro, è stato confortato e stimolato da un messaggio di Aldo Garosci che ha scritto: “Io consiglierei ai giovani di guardare le lapidi dei caduti di Roma, perché esse indicano i quartieri dove si faceva la Resistenza e danno un’idea della composizione sociale dell’antifascismo romano: qua l’artigiano, là l’operaio, là l’intellettuale, i gruppetti”.
Il libro non è limitato alle tante immagini delle epigrafi ma riporta interventi sul bombardamento di San Lorenzo, sul rastrellamento e la deportazione degli ebrei (e non solo), sulla difesa di Roma, insieme a una serie di schede “per non dimenticare”, tra le quali spiccano quelle sui tipografi e sulla stampa clandestina, su Cefalonia, sull’Unione sindacale del lavoro.
In alcune pagine, poi, le epigrafi danno origine a flash-back su storie che il tempo – a volte – ha sbiadito: per esempio, quella su Manlio Gelsomini, ricordato dall’Ordine dei medici nello scalone centrale della direzione del Policlinico Umberto I.
Nel maggio del 1943 Gelsomini venne richiamato alle armi. Dopo l’8 settembre, con il nome di battaglia di “Ruggiero Fiamma”, si rifugiò nel Viterbese, dove organizzò le bande del Monte Soratte. Obiettivi: sabotaggi alla ferrovia e alle linee telefoniche, attacchi agli automezzi del nemico. La sua formazione fu l’unica rimasta attiva nel Viterbese, dopo i rastrellamenti dell’ottobre ’43.
Il dott. Gelsomini, bravo chirurgo, si dedicava contemporaneamente alla cura dei partigiani feriti, allestendo anche ospedali da campo.
Il 13 gennaio 1944 i nazisti gli tesero un agguato, utilizzando un delatore che lo attirò in un appartamento di piazza del Popolo, con il pretesto di dover curare un partigiano ferito. Arrestato e portato a via Tasso, finì alle Fosse Ardeatine.


Il libro, realizzato con la collaborazione dell’ANPI (Comitato provinciale di Roma) e con il patrocinio del Comune di Roma, è corredato da 320 foto di Goffredo D’Orazio e di Giuseppe Mogavero.