La Prima Guerra Mondiale ha prodotto effetti destabilizzanti non solo sul piano geopolitico, con ad esempio la fine dell'Impero Asburgico, la Rivoluzione Russa e la pace punitiva imposta alla Germania, ma profondi cambiamenti sociali.
Nell'Italia del dopoguerra, economicamente provata, si assiste a un inasprimento delle tensioni sociali, come dimostrano lo sviluppo dei sindacati e la nascita di importanti partiti di massa come il Partito Popolare di Don Luigi Sturzo (1919), e il Partito Comunista d'Italia fondato da Antonio Gramsci e Amadeo Bordiga (1921).
Nel 1919 è nato un altro movimento, destinato a segnare indelebilmente la storia italiana, il fascismo, guidato dall'ex socialista Benito Mussolini. Inizialmente tale movimento prende il nome di Fasci Italiani di combattimento e ha carattere elitario, non di massa. Alla sua fondazione, il 23 marzo 1919, a Milano in Piazza San Sepolcro, sono presenti principalmente nazionalisti, reduci della Grande Guerra, ex sindacalisti rivoluzionari, repubblicani, dannunziani e alcuni futuristi marinettiani.
Nel 1920 ha inizio in Italia il Biennio Rosso, periodo caldo delle lotte operaie caratterizzato dall'occupazione delle fabbriche – che arriva dopo mesi di scioperi dovuti al carovita e alle difficili condizioni lavorative, effetto della riconversione della produzione bellica a produzione di pace – affiancata dalle istanze dei contadini che reclamano la terra.
È in Val Padana e in Puglia che la lotta contadina è più accesa. Contro di essa proprietari terrieri ed esponenti dei Fasci di combattimento si alleano, ricorrendo sistematicamente alla violenza dello squadrismo, ovvero alle azioni punitive di gruppi di fascisti contro Camere del Lavoro, Case del popolo, sedi di partiti e di cooperative, singole persone. Tali azioni sono spesso ignorate in maniera complice dalle forze dell'ordine.
Nel 1921 il capo del governo Giovanni Giolitti (1842-1928), non ritenendo il fascismo un fenomeno eversivo e pericoloso per la stabilità dello Stato, accetta che alcuni suoi candidati partecipino alle elezioni nei blocchi d'ordine costituiti dai liberali, vedendo i fascisti come alleati nella lotta politica per il contenimento di socialisti e popolari. Cresce così l'influenza fascista e gli squadristi cominciano ad agire impuniti anche nei centri industriali; borghesia e ceto politico in generale considerano il movimento facilmente arginabile nel momento in cui cesserà la sua utilità sociale.
Nel 1922, Mussolini abbandona due premesse dei Fasci di combattimento: il repubblicanesimo e l'anticlericalismo, e presenta il fascismo come l'unica alternativa valida, sia sul piano politico sia su quello ideologico, al comunismo, denunciando il Partito Popolare per la sua apertura ai socialisti. Accanto all'azione propagandistica e politica di Mussolini continuano le azioni squadriste tese a colpire i punti di riferimento e di aggregazione delle lotte popolari.
Il 24 ottobre 1922 Mussolini raduna a Napoli migliaia di camicie nere (simbolo del movimento) e ha luogo la marcia su Roma. Il Presidente del Consiglio Luigi Facta presenta al re Vittorio Emanuele III il decreto per la proclamazione dello stato d'assedio, ma il re si rifiuta di firmarlo. Lascia così via libera ai fascisti, che entrano a Roma il 28 ottobre.
Mussolini, temendo una reazione da parte del monarca, non ha partecipato alla marcia, attendendo a Milano l'evolversi della situazione. Quando il re non firma, si unisce ai suoi.
Il re gli affida l'incarico di formare il nuovo governo, che si compone di fascisti, liberali, popolari e indipendenti. Mussolini presenta un programma che soddisfa i conservatori, abbandonando la linea giolittiana che colpiva i profitti di guerra; scioglie le amministrazioni comunali e provinciali guidate da socialisti e/o popolari; liquida le cooperative, limita le libertà sindacali. Il problema però rimane la normalizzazione dello squadrismo, dato che i conservatori si aspettano che, raggiunto il potere, il fascismo rientri nei canoni della legalità. Mussolini sa che è solo grazie all'appoggio della monarchia e delle classi conservatrici che è arrivato al governo e si impegna in tal senso ma, internamente al partito, la corrente facente capo a Roberto Farinacci (1892-1945) si oppone al tentativo di moderazione. Per mantenere la leadership, Mussolini usa uno stratagemma: trasforma le squadre in Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Successivamente istituisce il Gran Consiglio del Fascismo, che raduna i suoi maggiori esponenti e che diviene di fatto decisivo nella vita politica italiana, trasformandosi in breve tempo in organo costituzionale dello Stato. La legge elettorale viene modificata perché garantisca la maggioranza alla lista fascista; i popolari vengono estromessi dal governo per le loro posizioni pubblicamente antifasciste.
Il 6 aprile 1924 si svolgono nuove elezioni politiche, caratterizzate da un clima di pesanti intimidazioni. Grazie alla legge elettorale maggioritaria vince il “listone”, che vede esponenti fascisti accanto a nomi della tradizione liberale. Nonostante le violenze, i partiti democratici ottengono risultati importanti e l'attesa normalizzazione dello squadrismo, ora ammantato di legalità, non avviene.
L'esponente socialista Giacomo Matteotti (1885-1924) denuncia alla Camera i brogli elettorali e il clima di violenza nel quale si sono svolte la campagna politica e le stesse elezioni. Il deputato antifascista, nel suo discorso, fa anche il nome di un candidato emiliano (Antonio Piccinini, 1884-1924) assassinato dagli squadristi prima delle elezioni. Lo scopo di Matteotti è che la Camera accetti di indagare sui metodi usati nelle elezioni e che, una volta scoperti, queste vengano invalidite.
A lungo si è ritenuto che l'unico movente dell'assassinio di Matteotti sia stato questo discorso, ma una recente storiografia (M. Canali, Il delitto Matteotti, Il Mulino, Bologna, 1997, n.e. 2015) ha potuto fornire documenti che sottolineano la presenza di una motivazione affaristica. Sembra, infatti, che il deputato stesse preparando, per la seduta del 10 giugno – giorno in cui sarebbe stato rapito – un dossier sulla cosiddetta “convenzione Sinclair”, stipulata nel marzo precedente. La convenzione concedeva alla società americana Sinclair Oil il monopolio della ricerca petrolifera in Italia, a condizioni svantaggiose per il pubblico interesse. In cambio, la società aveva versato notevoli finanziamenti al partito fascista. Sarebbe dunque stato l'annuncio delle rivelazioni che Matteotti si apprestava a fare a scatenare l'intervento della squadra fascista.
Il 10 giugno del 1924 Matteotti si sta avviando a piedi alla seduta quando viene rapito. La scomparsa del deputato viene denunciata e vengono avviate immediatamente le ricerche. Le prime prove sono trovate in agosto e successive indagini portano poi alla scoperta del cadavere. È il 16 agosto.
Inizialmente Mussolini attribuisce l'assassinio ai suoi avversari politici, accusandoli di tramare contro di lui, indignato come tutta l'opinione pubblica dall'evento. Lo scandalo fa tuttavia scricchiolare il governo.
Nel frattempo i gruppi dell'opposizione, dopo che il re ha dichiarato di rimettersi alla maggioranza parlamentare (fascista), abbandonano il Parlamento chiedendo l'abolizione della milizia e il ripristino della legalità. Questo evento è conosciuto come “secessione dell'Aventino” e, pur avendo suscitato una eco enorme, va lentamente alla deriva per la mancanza di un programma e di direttive unitarie. Avvantaggiato dalla crisi dell'opposizione, Mussolini riprende in mano la situazione, forte anche dell'appoggio dei conservatori, dei clerico-moderati, della milizia, degli ambienti militari e di quelli monarchici, che temono un ritorno alla situazione del primo dopoguerra, con i partiti di massa protagonisti. Il governo riprende così coraggio, riapre il Parlamento e, col famoso discorso del 3 gennaio 1925 – in cui si assume la responsabilità morale del delitto Matteotti – Mussolini attua il colpo di Stato. Quello stesso giorno il duce parla alla Camera sfidando i partiti aventiniani, che accusa di sedizione, così da precludere loro il ritorno in aula.
Sono in tal modo gettate le premesse del regime autoritario.