Salta al contenuto principale

100 anni dall'assassinio di Matteotti, Pagliarulo: "Ricordiamolo attivamente in questo tempo, dove risorgono nazionalismi e fascismi"

L'intervento del Presidente nazionale ANPI all'iniziativa istituzionale di oggi 10 giugno a Lungotevere Arnaldo da Brescia a Roma, presso il monumento in ricordo di Giacomo Matteotti, organizzata dal Circolo culturale Saragat Matteotti:

Leggevo che nella toponomastica italiana il politico del 900 più citato è Giacomo Matteotti, con circa 3mila intitolazioni. Ma questa notorietà è circoscritta essenzialmente alla sua morte cruenta. Questo è giusto. Matteotti è il martire per antonomasia dello squadrismo omicida, è un simbolo della Repubblica antifascista.
Mi pare che il 100° anniversario della sua scomparsa, con i convegni e le iniziative che si sono svolte e che si svolgeranno, vada oltre la sua tragica morte e inizi a restituirci la vita di Giacomo Matteotti, e cioè la vita di un appassionato politico, di un socialista rigoroso e determinato, di un intellettuale raffinato, di un uomo tanto generoso quanto incorruttibile, tanto dedito agli studi ed all’approfondimento, quanto in prima linea nella concreta battaglia politica e sociale.
Matteotti fu giurista di valore, amministratore locale, sindaco, consigliere comunale e provinciale a più riprese, fu organizzatore dell’associazionismo delle autonomie, sostenitore del movimento cooperativo, dirigente sindacale, fu militante socialista capace di qualificate relazioni internazionali, deputato al Parlamento italiano, strenuo accusatore dei brogli e della corruzione del nascente Stato fascista.
Matteotti interpretava il fascismo non come il prodotto di un’arretratezza politica ma come reazione armata delle classi dominanti contro le conquiste democratiche conseguenti alle mobilitazioni di massa dei lavoratori all’indomani della grande carneficina della guerra¬. In questo quadro, il legalitarismo di Matteotti si manifestava in primo luogo come difesa delle istituzioni democratiche contro il sovversivismo delle classi borghesi dominanti.
Matteotti fu durissimo contro tutti i dirigenti sindacali che predicavano la necessità di trattare sempre e comunque col governo Mussolini al fine di godere di una relativa legittimazione e contrastò nel 1923 assieme a Bruno Buozzi qualsiasi ipotesi addirittura di collaborazione tecnica col governo, pur sostenuta da altri sindacalisti.
Fu un uomo di pace, irriducibile antimilitarista, determinatissimo contro l’avventura coloniale in Libia ma soprattutto per la posizione che assunse sul primo conflitto mondiale. Per il suo impegno contro la guerra fu persino accusato di essere “austriacante”; eppure denunciava profeticamente la possibilità di una Germania sconfitta e umiliata dalla guerra e perciò ancora più pericolosa, come effettivamente avvenne.
Questo e molto altro fu Giacomo Matteotti nella sua vita pubblica dedicata totalmente alla libertà e all’emancipazione delle classi subalterne ed in particolare del mondo contadino nel suo Polesine.
Fu il suo un tempo di ferro e di fuoco che preparava il ferro e il fuoco della seconda guerra mondiale, e con ciò la Resistenza e la Liberazione, le cui radici affondano esattamente nell’antifascismo del ventennio, a cominciare da quello di Giacomo Matteotti.
Cento anni dopo c’è ancora da scavare nella vicenda di Matteotti e del suo tempo per attrezzarci al tempo in cui viviamo, per assumere la ricchezza del suo pensiero, e per ricostruire un’unità democratica che allora non ci fu, e che a tutt’oggi, quando risorgono in Europa nazionalismi, oscurantismi e fascismi, pensiamo sia lo strumento necessario e indispensabile per qualsiasi progetto di trasformazione per un’Italia migliore, l’Italia che volevano i partigiani.
Diciamo sovente che i valori della Resistenza si possono riassumere nelle parole: democrazia, libertà, eguaglianza, lavoro, solidarietà, pace. Mai come oggi su queste parole si gioca il destino del nostro Paese e per alcuni aspetti quello del continente e del mondo.
Viva Matteotti!

 

Gianfranco Pagliarulo