Filippo Palieri
A 22 anni si era laureato a Roma in Giurisprudenza. Durante la Seconda guerra mondiale si trovava a Rieti, come capo di Gabinetto del questore. Quando il suo superiore si assentò per malattia e Palieri divenne responsabile della Questura, il giovane commissario si adoperò per salvare centinaia di artigiani reatini dalla deportazione in Germania, dove sarebbero stati impiegati nel lavoro coatto. Deportato per questa sua attività e per aver rifiutato di aderire alla repubblica di Salò, reiterò il suo rifiuto anche quando l'offerta gli fu rinnovata il 19 marzo 1945. Palieri si trovava, quel giorno, provato dagli stenti e dalle sofferenze, nell'infermeria del lager. I nazisti lo rimandarono allora tra gli altri prigionieri. Filippo Palieri non rivide più, come aveva previsto e confidato a Salvatore Poti (un compagno di prigionia), i genitori, la moglie (Giuliana Annesi) e i tre figli. Al valoroso commissario sono state intitolate a Rieti una strada e la locale Sezione dell'ANPS. I suoi figli gli hanno dedicato i libri Oltre il Lager e Eredità d'affetti.