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Pagliarulo: "Il 7 ottobre e la morte della pietà"

Il 7 ottobre e la morte della pietà

Il 7 ottobre 2023, poche ore prima di una manifestazione per la pace promossa dalla Via Maestra, la Segreteria nazionale dell'Anpi diffondeva una presa di posizione che iniziava così: "L'attacco folle e irresponsabile di Hamas contro Israele sta creando lutti e devastazioni e ha già innescato una terribile reazione del Paese aggredito. I civili israeliani e palestinesi sono quelli che pagano e pagheranno il prezzo più alto".
Ci era chiaro fin da allora che l'orribile massacro di israeliani compiuto da Hamas avrebbe determinato conseguenze catastrofiche. È vero che l'occupazione israeliana, ripetutamente condannata dall'ONU, aveva da tempo assunto caratteri di insopportabile durezza. Basti pensare alla colonizzazione della Cisgiordania palesemente sostenuta dal governo Netanyahu, col suo carico di violenza e di espropriazione di terre palestinesi. È vero che era in corso da decenni una sorta di guerra a (relativamente) bassa intensità fra Hamas ed Hezbollah da una parte e Israele dall'altra. È vero che la prospettiva di un vero Stato palestinese, pallidamente rappresentata dall'Autorità Nazionale Palestinese, sfumava sempre più nel tempo perché progressivamente cancellata dal governo israeliano. È vero che si moltiplicavano le provocazioni, come le "passeggiate" davanti alla spianata delle Moschee, iniziate il 28 settembre 2000 da parte di Sharon; da allora iniziò la seconda Intifada. È vero che Gaza era periodicamente vittima dei bombardamenti israeliani; basti pensare all'operazione Piombo fuso a cavallo fra il 2008 e il 2009. È vero che non c'è mai stata proporzione fra il numero di vittime israeliane e palestinesi nel tragico stillicidio che dura da tre generazioni. È vero che con la "legge fondamentale" del 19 luglio 2018 (Israele non ha una costituzione) Israele passava di fatto il Rubicone dello Stato confessionale diventando "Stato nazionale del popolo ebraico" e non più dei cittadini, con tutte le conseguenze del caso. È vero che gli accordi di Abramo stipulati il 13 agosto 2020 tendevano a stabilizzare la situazione in Medio Oriente rimuovendo radicalmente la questione palestinese. È vero che l'occidente, davanti al progressivo stringersi della tenaglia del governo di estrema destra israeliano verso il popolo palestinese era assente, se non consenziente.
Ma è vero anche che l'attacco di Hamas del 7 ottobre è stato una consapevole rottura, un tragico salto di qualità nel conflitto, rappresentando plasticamente ciò che avveniva da anni in modo molecolare, ma mai nelle dimensioni del 7 ottobre: la morte della pietà. Lo sterminio di più di un migliaio di israeliani e il rapimento di oltre 200 persone ha avviato una nuova, sanguinante fase del conflitto. Le vittime sono state tali in quanto israeliani, si noti. Non è stato l'attacco a uno Stato, ma a un popolo. Per questo  oltre che per l'efferatezza degli omicidi  è stato propriamente un atto di barbarie.
La risposta di Netanyahu  ampiamente prevista  ha moltiplicato la barbarie in modo esponenziale. I numeri di Gaza sono noti: siamo a oltre 42mila morti e a circa 100mila feriti. Uno sterminio consapevolmente praticato. È una conferma: la morte della pietà.  Dal punto di vista giuridico non è stato (e non è) un atto di giustizia, ma di vendetta. Dal punto di vista politico, ha rivelato la volontà  peraltro espressa da tanti rappresentanti del governo  di dar vita alla Grande Israele, "dal fiume al mare" (dal Giordano al Mediterraneo) comprendendo anche Gaza. Infatti il 29 ottobre, nel pieno dei bombardamenti su Gaza, il governo israeliano ha annunciato la concessione dello sfruttamento di un giacimento di gas in un'area marittima adiacente alle rive di Gaza e dentro i confini marittimi dichiarati dallo Stato di Palestina nel 2019, a una società israeliana, una inglese e una italiana: lEni.
A Israele "dal fiume al mare" , che tradotto vuol dire cacciare i palestinesi o mantenerli in condizioni di subalterna minorità, corrisponde l'idea della Palestina "dal fiume al mare" , che vuol dire cancellare lo Stato di Israele, come predica Hamas. Sono entrambe prospettiva catastrofiche, corrispondenti all'idea di una guerra al popolo, perché, in entrambi i casi, "non ci sono innocenti" .
A un anno da quel tragico 7 ottobre, sta vincendo la morte della pietà, e si espande da Gaza alla Cisgiordania al Libano all'Iran, in un gioco politico da parte di Netanyahu che manovra sulle divisioni fra sciiti e sunniti, sulla complicità e sull'inazione degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, sulla incommensurabile sproporzione di mezzi militari da parte di Israele nei confronti di Hamas e Hezbollah, sulle incredibili accuse di antisemitismo verso chiunque condanni i crimini e le violazioni della legalità internazionale che sta compiendo il governo israeliano, arrivando al punto di definire le Nazioni Unite una "palude di bile antisemita" e "una società terrapiattista anti-israeliana" e di vietare al segretario generale dell'ONU l'accesso ad Israele, nel silenzio sconcertante dell'occidente.
Ma in realtà questa politica nella sua essenza rivela che il re è nudo: è un cupio dissolvi che sta portando alla catastrofe il Medio Oriente e può portare alla catastrofe globale. Si nega l'esistenza stessa della Palestina, ma in questa misura si mette paradossalmente in pericolo la sicurezza di Israele. È il momento di chiedere ai tanti israeliani che contrastano la politica di Netanyahu e ai tanti palestinesi che contrastano la politica di Hamas, di far sentire la loro voce, di distinguersi dal fragore delle bombe, di operare per avviare un cammino di pacificazione.
Il barbaro attacco di Hamas del 7 ottobre ha avviato una fase di sanguinosa destabilizzazione, la risposta di Netanyahu sta sconvolgendo il mondo, l'invasione russa dell'Ucraina ha aperto un fronte europeo con velate minacce di uso dell'atomica, l'occidente indica ripetutamente che il vero nemico è a Pechino. Siamo a un passo dal baratro. Mai come oggi vanno praticate tre parole chiave: diplomazia, trattativa, negoziato. Mai come oggi dobbiamo gridare: cessate il fuoco! Mai come oggi il nemico è il business delle armi.
Volente o nolente, siano tutti imbarcati sulla nave dei folli. Non possiamo scendere, ma possiamo reclamare di cambiare la rotta: fermiamo le guerre, orientiamo il timone verso la solidarietà fra popoli, verso la terra comune dei fratelli, verso l'isola della pietà.

Gianfranco Pagliarulo