Il Corpo volontari della Libertà (CVL) è la prima struttura, riconosciuta tanto dal Governo italiano quanto dagli Alleati, di coordinamento e unione delle forze partigiane. Il comando generale del CVL si costituisce a Milano, nel giugno 1944, quale evoluzione del comando militare del CLNAI. Ha il compito di elaborare una linea politico-militare comune per le varie brigate partigiane che stanno operando contro i nazifascisti. Il CVL è il braccio armato della Resistenza, mentre il CLN ne è la mente politica, e nasce in un momento di importanti cambiamenti: liberata Roma, si instaura in quei giorni il primo governo di unità antifascista, diretta emanazione del CLN, con alla guida Ivanoe Bonomi.
A livello politico, il CVL è un organismo unitario che rappresenta il movimento partigiano presso il governo italiano e gli Alleati; inoltre, funge da “collante” tra le varie formazioni, in modo da superare le «tensioni e [le] conflittualità perduranti» tra le varie entità politiche rappresentate nelle diverse brigate (F. Sessi-R. Sandri, Corpo volontari della libertà, comando generale per l'Alta Italia occupata, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 419).
Il CVL non riesce ad assolvere pienamente la funzione operativa per la quale è nato, data la complessità della situazione politica e militare dell'Italia occupata; tuttavia resta fino alla Liberazione il principale riferimento per le formazioni partigiane. Sul campo, il CVL coordina le operazioni soprattutto attraverso i CLN locali, che divengono comandi regionali del Corpo. «[…] il processo travagliato – scrivono Sessi e Sandri – di unificazione e strutturazione del comando Cvl coincide con il periodo della “grande estate partigiana”» del 1944, «punto massimo di schieramento offensivo partigiano con la moltiplicazione degli scontri, l'occupazione di vallate e territori pedemontani, la costituzione di zone libere e di repubbliche partigiane» (Ivi, p. 420). A quest'estate gloriosa segue, purtroppo, lo stallo del fronte sulla Gotica e il noto “proclama Alexander”, che invita i partigiani a passare alla difensiva e attendere la fine dell'inverno. Per le forze partigiane e per lo stesso CVL è uno shock anche da un punto di vista materiale, poiché lo stallo sul fronte comporta anche la sospensione degli aiuti e dei rifornimenti alle bande da parte degli Alleati.
Il 2 dicembre 1944 il comando CVL dirama alle brigate la propria interpretazione del proclama Alexander, visto come un invito alla “pianurizzazione” – cioè, la discesa dalla montagna in pianura – delle formazioni partigiane, che non devono rassegnarsi all'attesa ma piuttosto darsi all'attività di guerriglia nelle campagne e nei centri cittadini.
Il 7 dicembre successivo, con i "Protocolli di Roma" – un accordo fra CLNAI e Alleati – le formazioni partigiane vengono riconosciute formalmente a condizione che, a guerra conclusa, i combattenti depongano le armi e si sottomettano all'amministrazione anglo-americana.
Le forze della Resistenza sono così sottoposte a un unico comando militare, guidato da Raffaele Cadorna, generale dell'esercito regolare italiano, inviato presso il CVL dal governo Bonomi già nell'agosto precedente. Cadorna è affiancato dai vicecomandanti Ferruccio Parri (Partito d'Azione) e Luigi Longo (Partito Comunista), esponenti di spicco dei due partiti politici che maggiormente hanno voluto l'inquadramento delle forze partigiane in una struttura omogenea. Gli altri componenti del CVL sono, in questa fase, che sarà quella conclusiva, Giovanni Battista Stucchi (Partito Socialista), nominato capo di stato maggiore; Enrico Mattei (Democrazia Cristiana); Mario Argenton (Partito Liberale e formazioni autonome), aggiunti al capo di stato maggiore.
Molti membri del CVL, nelle varie fasi belliche, vengono catturati, deportati o trucidati dai nazifascisti, oppure muoiono in combattimento: Gianni Citterio, morto nella battaglia di Megolo il 13 febbraio 1944, già rappresentante delle Garibaldi presso il Corpo; il democristiano Galileo Vercesi, ucciso a Fossoli il 12 luglio; Giuseppe Perotti, del CLN piemontese, fucilato al poligono del Martinetto il 5 aprile 1944. Anche Ferruccio Parri viene arrestato il 2 gennaio 1945, e sarà liberato grazie ad accordi tra Alleati e tedeschi dopo due mesi di detenzione.
Il CVL concorda con i comandi alleati l'offensiva sulla linea Gotica e l'insurrezione nazionale che, nella primavera del 1945, porta alla Liberazione dell'Italia settentrionale.
Il comando generale del CVL si scioglie per decisione unanime il 15 giugno 1945. Il suo impegno ha permesso che il partigianato italiano, unico nel contesto europeo, sia giunto alla pace «avendo alla sua testa un comando rappresentativo di tutte le forze protagoniste della lotta» (Ivi, p. 422). Con la legge del 21 marzo 1958, n. 285, il CVL ottiene il riconoscimento giuridico di corpo militare regolarmente inquadrato nelle forze armate italiane.
La bandiera del CVL, decorata di medaglia d'oro al valor militare, è attualmente custodita presso il Museo delle Bandiere dell'Altare della Patria, a Roma.