Memorie di pietra
“Ho scoperto oggi che ci si può emozionare di fronte a un cippo”. Così commenta Emanuela, una ragazza che ha partecipato al primo corso di formazione Anpi a Reggio Emilia (si è tenuto il 12 e 13 ottobre), un “work group” che aveva un titolo che era già un programma: “Memorie di pietra - Cippi e lapidi della provincia. Per la creazione di progetti e collaborazioni con comuni e scuole”.
Il laboratorio era condotto da iscritti all'Anpi che negli ultimi due anni hanno censito, mappato e raccolto le informazioni sui monumenti dedicati ai caduti della Lotta di Liberazione nel territorio.
Un progetto ancorato al passato ma proiettato nel domani che si prende cura delle tracce lasciate dalla Resistenza e dall'antifascismo. Sono quei nomi scolpiti, scavati nella pietra, che continuano a tramandarci una storia, una voce, una testimonianza di libertà.
Ogni cippo, targa, monumento, è un frammento di memoria che sempre più avrà bisogno di una delicata attenzione per essere colta, apprezzata, ascoltata.
Il progetto si compone di una banca dati informatizzata, comprendente i documenti, i testi e le immagini di ogni manufatto commemorativo. Una raccolta di informazioni paziente e in continua crescita.
E l'aspetto che fa di questo progetto un contenitore di futuro è, prima di tutto, la passione che ha animato, in tre angoli diversi della provincia reggiana, persone che non si conoscevano, le quali hanno iniziato a lavorare volontariamente a quello che sarebbe stato a loro insaputa un pezzettino del data-base di cui oggi è dotata l'Anpi provinciale di Reggio Emilia.
Il motore primo per tutti i volontari è stato il volume “Le pietre dolenti. Dopo la Resistenza: i monumenti civili, il Pantheon delle memorie a Reggio Emilia” a cura di Antonio Canovi e Nicola Brugnoli (Istoreco -RS libri, 2000), da cui i protagonisti di questa bella esperienza sono partiti.
Livio Nicolini qualche anno fa aveva iniziato a scansionare il libro per renderlo fruibile via web, aggiornandolo con immagini e dettagli.
Patrizia Incerti e Massimo Vaccari, seguendo le didascalie dello stesso volume, nei fine settimana hanno iniziato a percorrere la provincia dalla profonda campagna attorno al Po fin sui sentieri di montagna, scandendo i passi con le pietre commemorative.
Si sono però presto resi conto che la deviazioni di strade, l'incuria del tempo, atti di vandalismo o il semplice abbandono, producevano dimenticanza e magari depistaggi.
Da qui la decisione di attualizzare le schede riportate nel volume fotografando ogni cippo e targa incontrata; di mapparli con il telefonino munito di Gps per conservarne l'esatta collocazione; di riscoprire la storia di quelle ragazze e quei ragazzi che in quelle pietre venivano ricordati.
Da aggiungere, ed è importante, che tutto questo lavoro è stato reso possibile anche grazie all'aiuto spontaneo degli abitanti delle zone interessate a ogni singola lapide.
Intanto in città, Riccardo Braglia, che aveva un nonno confinato politico e partigiano, aveva cominciato a ideare e poi a realizzare il supporto informatico su cui inserire la documentazione dei cippi, partendo sempre dall'elenco contenuto ne 'Le pietre dolenti'.
Ma oggi che il data-base è una realtà, ora che praticamente ogni targa, monumento e cippo ha la sua scheda personale su cui i volontari hanno segnato lo stato di conservazione, l'indirizzo esatto, la foto di ieri e quella di oggi, proprio ora il progetto allarga le ali per spiccare il volo e ha bisogno di vento.
Ecco allora la creazione di un gruppo di lavoro specifico al corso di formazione per far conoscere l'archivio e fare rete attivando ogni sezione Anpi, ogni docente, ogni amministratore, ogni piccolo Comune della terra reggiana, affinchè questi monumenti vengano riscoperti, conservati, e dunque ricordati da un numero sempre maggiore di cittadini. Obiettivo che presuppone anche progetti di comunicazione e di educazione. Come specifici progetti didattici per le scuole del territorio.
Ha così mosso i primi passi la campagna “Adotta un cippo partigiano”, lanciata dal direttivo provinciale Anpi per coinvolgere la cittadinanza e raccogliere manodopera, saperi e i fondi necessari al restauro e al mantenimento delle lapidi e dei cippi.
Già, ma quanti sono? Attualmente su tutto il territorio reggiano ne sono stati censiti circa 500, testimoni silenziosi ma diretti, capaci con il loro semplice esserci di presidiare i luoghi di una memoria che più passano gli anni più si fa fragile.
E se in altre zone d'Italia - come ad esempio a Biella, a Torino e in Toscana -, non mancano esperienze che camminano in questa stessa direzione, si potrebbe davvero sognare una rete nazionale di valorizzazione e diffusione di un turismo fatto di sentieri, pietra e vite.
Un'esperienza che nell'idea dei suoi creatori può andare dunque lontano, perché la biografia di una partigiana o di un partigiano, di un disertore od oppositore politico, di una vittima dei bombardamenti, può far crescere la consapevolezza degli italiani. Come racconta Massimo Vaccari, zii combattenti in montagna, che scoprì la passione per quegli anni quando alle scuole serali una giovane professoressa tolse D'Annunzio dal programma d'esame per sostituirlo con Primo Levi.
Nasce tutto da qui, dalla forza delle parole e dei ricordi. Ed oggi, grazie a Massimo, a sua moglie Patrizia, a Livio e a Riccardo, abbiamo uno strumento in più per trasmettere la memoria.
Gemma Bigi