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Non giuro a Hitler

di Francesco Comina, San Paolo, 2000, pp.116, euro 9,30

Nel panorama della resistenza storica al nazismo, spicca la storia di Josef Mayr-Nusser, nato a Bolzano il 27 dicembre 1910, conosciuto con il diminutivo di “Pepi”. Rimasto orfano di padre, dopo aver frequentato l’Istituto Tecnico Commerciale, lavora come impiegato, prima presso la ditta “Eccel” e, in seguito, presso la “Ammonn”. A 20 anni è chiamato al servizio militare italiano, in Piemonte e poi in Sardegna.
Animatore dell’associazionismo cattolico bolzanino, nel maggio del 1942 sposa Hildegard Scraub; il 1° agosto del 1943 nasce il figlio Albert.
Nel settembre 1944,  benché sudtirolese con cittadinanza italiana, è richiamato alle armi dalla forze di occupazione tedesche, insieme ad altri sudtirolesi, per prestare servizio nelle SS e inviato a Konitz nella Prussia occidentale. Rifiuta, però, di prestare giuramento a Hitler, perché lo ritiene “incompatibile con la fede cristiana”. Accusato di “wehrmachtszerstzung”, cioè di attività atte a erodere la compattezza delle forze armate, è sottoposto a carcerazione preventiva a Danzica. Quando il fronte russo si avvicina, è destinato alla deportazione nel campo di concentramento a Dachau. Muore il 24 febbraio 1945, per “edema da fame”, alla stazione di Erlangen, su un carro bestiame, durante il trasporto verso Dachau.
Nella prefazione a queste pagine, che ricostruiscono la vita e la coraggiosa testimonianza di Josef Mayr-Nusser, il figlio Albert scrive: “Cosa può dirci oggi la figura di un uomo come mio padre che, da solo, esce dai ranghi e dichiara che non vuole, non può far parte di un corpo armato come le SS, votato alla cieca obbedienza al Führer e dunque espressione di punta del disegno hitleriano distruttore di valori umani, civili, religiosi? Josef Mayr-Nusser non faceva parte di alte gerarchie politiche o ecclesiastiche, era un semplice impiegato e padre di famiglia; sarebbe potuto rimanere nell’anonimato e salvarsi. Egli, invece, era convinto che fosse suo dovere manifestare apertamente il dissenso. È ancora attuale parlare di un uomo che, a rischio della vita, sceglie di denunciare l’illegittimità di un potere basato sulla violenza e su un’ideologia aberrante?”.