L'ANPI come impegno di vita
Martedì 5 luglio 2011 il Comitato provinciale mi ha eletto all’unanimità Presidente dell’ANPI Provinciale di Milano. Insieme a me, come Vicepresidenti, e la cosa mi dà molto conforto, sono stati eletti, sempre all’unanimità, Alessandro Pollio Salimbeni e Loris Vegetti, partigiano. Il passaggio è delicatissimo, perché per la prima volta, nella sua gloriosa e prestigiosa storia, l’ANPI milanese ha come Presidente un antifascista di 59 anni che, per ovvie ragioni anagrafiche, non proviene dalla stagione della Resistenza. L’ANPI provinciale di Milano ha infatti visto succedersi alla presidenza, dal dopoguerra ad oggi, illustri e stimate figure di partigiani: Giovanni Pesce, Francesco Scotti, Tino Casali, Carlo Smuraglia, dimessosi recentemente dalla carica di presidente provinciale perché chiamato a ricoprire l’importante ruolo di presidente nazionale dell’ANPI. Mi sono così assunto una gravosa responsabilità, anche in considerazione del fatto che la nostra Associazione a Milano, con oltre 9.000 iscritti (oltre 800 iscritti in più rispetto al 2010) è l’ANPI forse più numerosa d’Italia. I compiti che ci attendono sono senz’altro difficili e complessi. Ho tuttavia ritenuto di accettare questo impegnativo incarico, perché credo fermamente nei valori e nel ruolo che l’ANPI sta svolgendo e deve svolgere nella società contemporanea. La mia attività all’interno dell’ANPI inizia con la nomina a presidente della sezione Monforte-Venezia e a coordinatore della Zona 3 di Milano nel 1997, prosegue nel 2006 con l’elezione nel Comitato provinciale di Milano, nel Consiglio Nazionale dell’ANPI e come vicepresidente vicario dell’ANPI di Milano, durante la Presidenza di Carlo Smuraglia, negli ultimi due anni. Sono cresciuto e mi sono politicamente formato negli anni della contestazione studentesca, cui sono seguiti i terribili anni della strategia della tensione e del terrorismo. Nel drammatico periodo delle trame nere e degli attacchi terroristici al cuore dello Stato, culminati con l’uccisione dell’onorevole Aldo Moro e della sua scorta, ho capito quanto fosse importante e decisiva la lotta per la difesa della democrazia e delle istituzioni repubblicane nate dalla Resistenza. A Milano un ruolo fondamentale ebbe e ha ancora oggi, il “Comitato permanente antifascista per la difesa dell’ordine repubblicano”, sorto nel maggio del 1969, all’indomani delle bombe neofasciste alla Fiera Campionaria e divenuto per tutti i democratici e gli antifascisti, punto di riferimento indispensabile nei momenti più gravi vissuti dalla nostra città. Sono seguiti poi gli anni caratterizzati da profonde trasformazioni economiche e sociali. A Milano è scomparsa la grande industria e con essa è venuto a mancare un importante ceto sociale di riferimento, costituito prevalentemente dalla classe operaia, per l’estrema frammentazione del mondo del lavoro e per il sorgere di nuove figure professionali. Prevale ormai il lavoro precario e flessibile, soprattutto tra i giovani e si ricorre sempre più all’impiego di manodopera extracomunitaria. Questi cambiamenti e, soprattutto, la scomparsa delle grandi concentrazioni produttive, hanno determinato, come conseguenza, il venir meno della trasmissione ai giovani che si sono affacciati per la prima volta al mondo del lavoro, dei valori dell’antifascismo e della Resistenza, prezioso patrimonio dei lavoratori milanesi, ereditato dalla loro intensa partecipazione agli scioperi del marzo-dicembre 1943 e del marzo1944, durante l’occupazione nazifascista della nostra città. L’avvento del berlusconismo e dei suoi disvalori, i quasi vent’anni di Amministrazioni comunali di centro destra, hanno ulteriormente contribuito ad appannare l’identità di Milano, capitale della Resistenza e metropoli da sempre chiamata al dialogo, all’incontro con le genti e le culture. In tutti questi anni l’ANPI ha svolto un ruolo fondamentale: quello appunto di rilanciare a Milano, i valori dell’antifascismo, della solidarietà, della tolleranza, mantenendo sempre stretto quel legame tra primo e secondo Risorgimento che compare nella motivazione della Medaglia d’Oro alla città di Milano. Un importante segnale di questa nostra insistente azione, promossa soprattutto nelle scuole, nel corso di incontri con la cittadinanza e nelle cerimonie per il 150° dell’Unità d’Italia, lo si è avuto il 25 aprile di quest’anno, con la straordinaria manifestazione nazionale svoltasi a Milano, proprio alla vigilia delle elezioni amministrative che hanno visto la vittoria, nella nostra città, del centro- sinistra. Stiamo attraversando un periodo estremamente interessante, nel quale assistiamo ad un risveglio della coscienza democratica dei cittadini, ma nel quale non dobbiamo sottovalutare i rischi e i pericoli che la situazione attuale ci presenta. Negli ultimi anni si è fatta sempre più intensa, nel nostro Paese, l’offensiva revisionista, volta, non solo a mettere sullo stesso piano repubblichini e partigiani, ma a rivalutare pienamente il fascismo e i suoi simboli. C’è dunque un clima favorevole ai rigurgiti neofascisti che a Milano si sono fatti sempre più intensi, offendendo la nostra città, Medaglia d’Oro della Resistenza. Credo che di fronte al risorgere dei movimenti neofascisti e neonazisti l’ANPI abbia un compito decisivo, oltre all’indispensabile, attenta analisi e monitoraggio su questi preoccupanti fenomeni e alla denuncia alle competenti autorità: quello di intervenire nelle scuole, tra le giovani generazioni, sulle coscienze degli studenti. Perché soltanto la conoscenza di ciò che è stato e ha rappresentato il fascismo nel nostro Paese e di cosa ha significato per tutti noi la Resistenza, può impedire che i giovani cadano preda delle idee e dei miti neofascisti e neonazisti. Ecco perché diventa sempre più importante che l’ANPI continui nella sua azione volta a fare memoria legandola alla conoscenza storica. Ciò significa, non solo tributare il doveroso omaggio a chi ha sacrificato la vita per la libertà, ma far rivivere, nella società contemporanea i valori della pace, della solidarietà, della giustizia sociale, della politica posta al servizio del bene comune e non di interessi di parte, che animarono i partigiani e i combattenti per la libertà. Sarebbe tuttavia limitativo ritenere che il ripetersi dei rigurgiti neofascisti sia da attribuire unicamente al clima provocato dal crescente revisionismo storico. Bisogna infatti considerare che l’intensificarsi di questo preoccupante fenomeno è largamente favorito anche dai reiterati attacchi alla Costituzione, alle istituzioni di garanzia, al capo dello Stato, dei quali si rende ormai da tempo protagonista il presidente del Consiglio. Da questo fronte, soprattutto, proviene la minaccia più seria alla nostra democrazia. Ammoniva giustamente il Presidente nazionale dell’ANPI Carlo Smuraglia al comizio in piazza Duomo del 25 aprile 2011: “Noi non ci fermiamo al fascismo in camicia nera, ma a tutto ciò che sa di limitazione della libertà, di contestazione dei principi di fondo della nostra Costituzione, di disprezzo delle regole. Ciò che conta è tenere sempre presente la storia e ricordarci che essa ci insegna che i pericoli per la democrazia possono assumere aspetti multiformi e non debbono mai essere sottovalutati. Quando si osa persino proporre di modificare l’articolo 1 della Costituzione, vuol dire che siamo già oltre il limite della tollerabilità ed è indispensabile reagire con forza e con fermezza”. Il disegno del Governo di centro destra è preciso e si propone di scardinare l’equilibro dei tre poteri, legislativo, giudiziario ed esecutivo, su cui è fondata la nostra democrazia, con un consistente rafforzamento del potere esecutivo. Se questo si verificasse, si potrebbe aprire per il Paese una pericolosa deriva autoritaria. Questo disegno è fallito nel 2006, quando gli Italiani hanno detto no alla controriforma costituzionale. Dobbiamo però mantenere viva la nostra mobilitazione e il nostro impegno a difesa della Costituzione e della sua attuazione, perché i pericolosi progetti di una sua modifica non sono assolutamente stati abbandonati dalla maggioranza governativa. Vorrei concludere con una bellissima considerazione sull’antifascismo che deve sempre guidare la nostra azione. Le parole sono di Arrigo Boldrini e si possono rileggere nel suo intervento del 26 Novembre 1994, in occasione del 50° anniversario dell’ANPI: “Ci rendiamo conto, noi per primi, che a volte il richiamo all’antifascismo è diventato occasione di celebrazione retorica e ripetitiva, quando invece bisogna tradurlo in impegno politico e culturale perenne, considerandolo una regola, un metro per mantenere la rotta della vita politica e per valutare le cause che possono costituire una minaccia per la democrazia attraverso scelte di autoritarismo moderno. Noi consideriamo l’antifascismo la matrice per la conquista, ieri, e per la riconquista, oggi, dello Stato di diritto, contro il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo.” Questi sono i valori in cui credo fermamente e ritengo che la mia esistenza sia stata, nel corso degli anni, arricchita dall’impegno politico e ideale che attraverso l’ANPI ho cercato e cerco di sviluppare nella società in cui vivo ed opero. Del resto non riesco a immaginare la mia vita senza questa forte passione ideale e politica. Roberto Cenati, presidente ANPI provinciale di Milano