Il Tribunale speciale per la difesa dello stato, istituito con legge del 25 novembre 1926, n. 2008 (una delle cosiddette “leggi fascistissime”), ha il compito di giudicare i reati contro la sicurezza dello Stato e il regime fascista, quindi, in particolare i reati politici riconducibili all'antifascismo.
Il Tribunale speciale ha il potere di diffidare, ammonire e condannare coloro che vengono ritenuti responsabili di reati politici nonché pericolosi per l'ordine pubblico e la sicurezza. Di tali reati giudicano alti ufficiali delle forze armate e della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale; tali magistrati hanno la facoltà di condannare anche alla pena di morte, che viene reintrodotta dopo la sua abolizione avvenuta nel 1889, per reati quali l'attentato alla vita delle massime autorità dello stato, la cospirazione, il disvelamento dei segreti militari, la strage, lo scatenamento della guerra civile. L'antifascismo è solitamente punito con pene detentive che vanno da uno a trent'anni. Le sentenze del Tribunale speciale sono inappellabili; l'ente lavora soprattutto sulla scorta delle segnalazioni provenienti dalla polizia segreta, l'Ovra, e dalle altre polizie. Secondo le stime prodotte dalla storiografia, tra il 1926 e il 1943 vengono deferiti al Tribunale speciale 15.806 antifascisti; di questi, i processati sono 5.620 – la Commissione istruttoria del Tribunale ha infatti il compito di “scremare” tra le denunce dell'Ovra – e i condannati 4.596 (G. De Luna, Tribunale speciale per la difesa dello stato, in Dizionario del fascismo, a cura di V. de Grazia-S. Luzzatto, Torino, Einaudi, 2003, v. 2, p. 739)-
Il Tribunale speciale viene sciolto dopo il 25 luglio 1943, a seguito della caduta del regime fascista. Nel dicembre 1943 è ricostituito come organo della Repubblica Sociale Italiana, e rimane operativo nel nord Italia fino alla sconfitta fascista della primavera del 1945.