Il campo di transito e di lavoro di Bolzano-Gries, uno dei campi nazisti in Italia, risulta attivo dall'estate del 1944 al 3 maggio del 1945, quando i detenuti vengono liberati e la documentazione sulla sua attività distrutta.
Oggi, del campo, che sorgeva in città, resta solo una parte del muro di cinta, sul quale sono stati posti pannelli e installazioni esplicative. Il resto è occupato da strutture abitative moderne.
Dopo l'armistizio, la città di Bolzano passa sotto il diretto controllo tedesco. Una volta chiuso il campo di Fossoli, il campo di Bolzano entra in attività e diviene il luogo di partenza per le deportazioni verso i lager nazisti di Ravensbrück, Flossenbürg, Dachau, Auschwitz e Mauthausen. Nel periodo di attività del campo – guidato dagli ex comandanti di Fossoli, il tenente delle SS Karl Friedrich Titho e il maresciallo Hans Haage – avvengono in tutto 13 trasporti verso i campi di sterminio.
I detenuti – uomini e donne di ogni età, bambini compresi – sono deportati politici antifascisti, partigiani, soldati alleati, disertori e renitenti alla leva di Salò, ebrei e zingari, criminali comuni. Vengono utilizzati per lavori forzati come lo sgombero delle macerie causate dai bombardamenti, le operazioni di sminamento, oppure nelle fabbriche e nei terreni agricoli locali. L'impiego come manodopera dei prigionieri rappresenta l'unicità del campo di Bolzano-Gries. Per ottimizzare lo sfruttamento, vengono istituti anche alcuni campi-satellite, precisamente a Merano, Certosa in Val Senales, Sarentino, Moso in Val Passiria, Vipiteno, Dobbiaco e Colle Isarco.
Gli internati-deportati del lager di Bolzano vengono aiutati da sacerdoti, cittadini e brigate partigiane attive nella zona, che riescono a introdurre nel campo viveri, vestiario, informazioni, lettere dei familiari. Nel lager viene costituito un comitato clandestino di resistenza, in costante contatto con i partigiani del CLN che operano all'esterno, grazie ai quali si organizzano decine di fughe, in particolare di coloro che sono destinati ai trasporti verso i campi di sterminio.
Nel 2000, dopo il rinvenimento della documentazione illecitamente archiviata nelle stanze della Procura Generale Militare, il tribunale militare di Verona condanna all'ergastolo uno degli aguzzini del lager di Bolzano, l'ucraino, naturalizzato tedesco, Michael Seifert detto Misha, ritenuto responsabile di 11 omicidi (anche in questo processo l'ANPI si è costituita parte civile). Otto anni dopo Seifert è estradato dal Canada, dove vive dal dopoguerra, e rinchiuso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (CE). È morto a Caserta il 6 novembre 2010.
Le informazioni presenti in questa scheda sono tratte da:
D. Venegoni, Uomini, donne e bambini nel Lager di Bolzano. Una tragedia italiana in 7.982 storie individuali, 2ª ed., Milano, Mimesis, 2004
C. Villani, Va una folla di schiavi. Lager di Bolzano e lavoro coatto (1944–1945), in “Geschichte und Region/Storia e regione”, 2, 2005, pp. 113-146, http://www.deportati.it/static/upl/vi/villani.pdf
http://www.comune.bolzano.it/UploadDocs/6714_Lager_BZ_it.pdf
Sentenza del Tribunale Militare di Verona, 24.11.2000
Sentenza della Corte Militare di Appello di Verona, 18.10.2001
Sentenza della Corte Suprema di Cassazione, 8.10.2002
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