Il 12 settembre 1943 un commando tedesco libera Mussolini dalla prigionia in un albergo sul Gran Sasso e lo porta a Berlino da Hitler.
Il 15 settembre la radio comunica che "Benito Mussolini ha ripreso oggi la suprema direzione del fascismo in Italia", mentre viene dato ordine a tutte le organizzazioni del partito di appoggiare attivamente l'esercito germanico. Tre giorni dopo, in un discorso radiofonico da Monaco, Mussolini annuncia la propria volontà di dar vita, nella parte d'Italia occupata dai tedeschi, a uno stato fascista repubblicano.
La Repubblica Sociale Italiana, con capitale a Salò, sul lago di Garda, nasce ufficialmente il 23 settembre 1943. A quella data, ha “giurisdizione” – è in realtà un governo illegittimo, non riconosciuto da nessuna delle potenze estranee all'Asse e neanche da Finlandia e Francia di Vichy – su tutta l'Italia ancora occupata dai tedeschi, fatta eccezione per le province di Bolzano, Trento e Belluno, che formano la Zona di operazioni delle Prealpi, e quelle di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana, che vengono a costituire la Zona di operazioni del litorale adriatico. Entrambe le zone sono direttamente amministrate dai tedeschi, e in pratica inglobate nel Reich. Alla sua nascita, quindi, la RSI controlla nominalmente – la realtà è invece quella dell'occupazione tedesca – tutta la penisola fino all'area di Salerno, Potenza e Bari (la Sardegna è stata evacuata dai tedeschi subito dopo l'armistizio).
L'11 settembre, da Roma, il feldmaresciallo Albert Kesselring (1885-1960), comandante in capo delle forze armate tedesche in Italia, dirama un'ordinanza in cui dichiara "il territorio dell'Italia a me sottoposto territorio di guerra" e subordina alle sue direttive "le autorità e le organizzazioni civili italiane". Il progetto tedesco di "satellizzazione” economica e politica dell'Italia si manifesta fin dai giorni che seguono l'armistizio dell'8 settembre, con un paese ridisegnato in diverse realtà politico-amministrative e con un solo denominatore comune: l'asservimento alle esigenze belliche dell'occupante. Di questo progetto la Repubblica di Salò costituisce il necessario paravento diplomatico e propagandistico, con una forza militare del tutto subalterna ai tedeschi.
La RSI è amministrata attraverso il Partito Fascista Repubblicano, le forze armate riorganizzate dal maresciallo Rodolfo Graziani, e la Guardia Nazionale Repubblicana, una polizia militare che, guidata da Renato Ricci, ingloba la milizia e i carabinieri. Sia le forze armate sia la GNR (incorporata nell'Esercito Nazionale Repubblicano nell'agosto 1944), destinate nelle intenzioni del regime repubblicano – definito spregiativamente “repubblichino” dall'antifascismo – alla lotta contro il nemico esterno (gli Alleati), sono perlopiù impiegate nella guerra anti-partigiana, rendendosi responsabili, al fianco dei nazisti ma anche in maniera autonoma, di atrocità contro i combattenti della lotta di Liberazione, stragi ed eccidi di civili, persecuzione della comunità ebraica. Alla RSI e alla sua pessima gestione del conflitto interno si deve lo scatenamento della guerra civile.
L'apparato militare repubblicano si alimenta dei bandi di reclutamento di Graziani, che comminano la pena di morte a chi, in età di leva, non si presenti alle armi, coinvolgendo nelle strategie punitive le famiglie stesse dei renitenti e dei disertori. Ciò finisce con l'alimentare le file della Resistenza.
Oltre all'esercito, all'aeronautica e alla marina nazionali repubblicane e alla GNR, la RSI può contare sulle Brigate Nere di Alessandro Pavolini, sul Servizio Ausiliario Femminile, su reparti non inquadrati (gruppi, battaglioni e reggimenti volontari), su alcuni servizi speciali indipendenti (come la X flottiglia Mas di Junio Valerio Borghese o la legione Ettore Muti) e su alcune “polizie” del tutto autonome, come le bande Koch e Carità, addette alla repressione, brutale, dell'opposizione antifascista.
Vi sono, poi, alcune formazioni italiane direttamente sottoposte al comando tedesco, come le famigerate SS italiane.
Anche la direzione della lotta contro le forze partigiane è completamente accentrata nelle mani dei comandi tedeschi. La copertura politica della Repubblica Sociale non basta a nascondere la fragilità di un apparato statale creato e sostenuto dalle truppe del Reich.
Uno degli obiettivi del nuovo Stato – ritenuto da parte della storiografia un semplice “stato fantoccio” della Germania nazista, considerazione che rischia tuttavia di discolpare il fascismo repubblicano dalle proprie responsabilità – è la punizione dei “traditori” del 25 luglio e in generale dei monarchici e dei badogliani. Contro i primi il regime celebra, nel gennaio 1944, il processo di Verona, che porta alla fucilazione, tra gli altri, del genero del duce, il conte Galeazzo Ciano. Contro i secondi e i terzi, la lotta si esplicita non solo nella guerra anti-partigiana – tra i resistenti, molti sono i monarchici e i badogliani, tuttavia quest'ultima denominazione finisce con il riassumere qualsiasi opposizione al fascismo repubblicano – ma anche nell'abbandono degli internati militari nelle mani del Reich. Gli IMI sono ritenuti “colpevoli” in quanto fedeli al re e al governo legittimo del Sud.
Per guadagnare consenso, la RSI fa riferimento all'ideologia pseudorivoluzionaria, sovversiva, antiborghese e populista del primo fascismo, tentando di avviare un programma di socializzazione delle imprese. Questo progetto, come altri appartenenti alla demagogia saloina, non diventerà mai realtà: lo stato, le sue strutture e le sue risorse economiche, sociali e umane, sono nelle mani dei tedeschi, che sfruttano il territorio come veri e propri occupanti. A ciò si aggiunge l'inferno di una guerra che, nonostante le sofferenze degli anni precedenti, vive solo ora il suo periodo peggiore.