Le Brigate Matteotti sono formazioni legate al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP). Dopo gli scontri di Porta San Paolo a Roma (10 settembre 1943), viene organizzato il “centro militare” dei partito, guidato da Sandro Pertini, vicesegretario del PSIUP, e operativamente basato su un nutrito gruppo di ferrovieri. In realtà, il partito è lacerato da tensioni interne e adotta prevalentemente una linea attendista, soprattutto dopo l'arresto di Pertini (1° ottobre 1943). La costituzione delle formazioni avviene quindi in maniera abbastanza autonoma rispetto al partito: il 12 dicembre 1943, sul monte Grappa (Veneto), si forma la prima brigata Matteotti. Il centro militare di Roma, invece, si impegna per la liberazione di Pertini e di Giuseppe Saragat, altro dirigente del partito arrestato insieme al comandante del centro militare. Pertini e Saragat, entrambi condannati a morte, riescono a evadere nel gennaio 1944, ma nei mesi successivi molti altri dirigenti – Eugenio Colorni, che sarà ucciso, Giuseppe Gracceva, Giuliano Vassalli – finiscono nelle mani dei nazifascisti.
Quando viene abbandonata l'ipotesi di un'insurrezione a Roma, Pertini è inviato al nord. A Milano, riorganizza i socialisti – colpiti da arresti e deportazioni – e dà vita al comitato esecutivo del PSIUP per l'Alta Italia. Il comitato decide, nella primavera del 1944, la costituzione delle brigate Matteotti, guidate da Corrado Bonfantini. Nell'estate successiva le Matteotti sono al fianco delle Garibaldi nei combattimenti che avvengono in Piemonte contro reparti della RSI; nel novembre, la brigata Matteotti Dario Barni resiste a un capillare rastrellamento attuato dalla divisione Waffen-SS Turkestan. Pertini, intanto, dopo aver partecipato alla liberazione di Firenze (agosto 1944), è richiamato a Roma, e il suo allontanamento dal nord non gioca a favore della già difficile organizzazione delle brigate Matteotti. Queste ultime, infatti, accolgono nei propri effettivi anche molti partigiani di tendenze socialiste che, in precedenza, avevano aderito ad altre formazioni: «ciò determina sovente tensioni nei Cln e frizioni tra le formazioni esistenti e le Matteotti in fieri: per il partigiano, semplice combattente, non è certo facile lasciare la brigata – comunità maturata tra tanti rischi e travagli – per ricollocarsi in altra formazione, sia pure più affine ai suoi orientamenti politici. D'altra parte molti volontari, soprattutto tra i più motivati, spesso di famiglia socialista, avevano “scelto” il programma e il combattimento delle formazioni Gl – o delle Garibaldi – proprio per superare i contrasti tra “riformisti”, “massimalisti”, “internazionalisti” ancora vivi nel rinascente Psiup» (R. Sandri, Matteotti, brigate, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 446).
Anche per le Matteotti, l'inverno 1944-45 è tragico: la I brigata viene sterminata insieme alla Gl di Italia libera sul Grappa; la costituzione di altre formazioni in montagna è quasi impossibile, fatta eccezione per la brigata Matteotti costituita a Bologna dall'azionista Toni Giuriolo. Pertini, tuttavia, è di nuovo al nord e la sua presenza è determinante: le Matteotti arrivano a contare, in vista della primavera del 1945, più di 20.000 partigiani, anche se il loro peso «nella geografia complessiva della resistenza, rimane limitato ad alcune aree d'intervento» (Ivi, p. 448).