Protettorato dal 1889, la Somalia diviene colonia italiana nel 1908, dopo che, dall'aprile 1905, il governo italiano ha deciso di assumere la responsabilità diretta sulla colonia del Benadir (che riceve il nome di Somalia), sino ad allora nelle mani di una compagnia commerciale italiana, accusata, tra le altre cose, di complicità o diretta responsabilità nel traffico schiavistico. Dal 1904 al 1924 Mohamed ben Abdalla Hassan, chiamato dagli inglesi Mad Mullah (santone pazzo, 1856-1920) conduce la guerriglia anti-coloniale, tenendo in scacco i diversi eserciti presenti nella zona (francese, inglese, etiope e italiano). È la rivolta dei Bimal (dal nome della principale tribù somala coinvolta), che viene repressa con durezza, utilizzando truppe di ascari.
Quando, nel 1923, il nuovo governatore, Cesare Maria De Vecchi (1884-1959), giunge in Somalia, solo la parte meridionale della colonia è controllata direttamente da Roma, mentre i sultanati settentrionali sono soggetti a un protettorato privo di qualsiasi concreta autorità. Tra il 1925 e il 1927 il governatore conduce una serie di costose campagne per ridurre il nord all'obbedienza. De Vecchi ricorre a metodi autoritari che spesso si concretizzano in veri e propri massacri.
Dalla fine degli anni Venti, molta della terra più fertile del territorio somalo viene assegnata a coloni italiani. Nel 1935, la fondazione della Regia azienda monopolio banane (RAMB) favorisce lo sviluppo di piantagioni che sfruttano manodopera autoctona costretta al lavoro, sistematicamente affamata e punita con castighi corporali e imprigionamento nel caso non riesca a soddisfare i parametri di rendimento richiesti dai padroni italiani. Si tratta, in sintesi, di sfruttamento di lavoro schiavile.
(I dati e le informazioni presenti in questa scheda sono tratti perlopiù da A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. La conquista dell'Impero, Milano, Mondadori, 1992).